Научная статья на тему 'LE INSIDIE SULLA VIA DEL GIUSTO. Il Laccio e Le Metafore Venatorie Nei Salmi e Nell’interpretazione Dei Padri Cristiani'

LE INSIDIE SULLA VIA DEL GIUSTO. Il Laccio e Le Metafore Venatorie Nei Salmi e Nell’interpretazione Dei Padri Cristiani Текст научной статьи по специальности «Языкознание и литературоведение»

CC BY
101
15
i Надоели баннеры? Вы всегда можете отключить рекламу.
Ключевые слова
Filosofia morale / Letteratura latina / Biblistica / Patristica e Teologia cristiana / Semantica e lessicografia / Lingua greca / latina e italiana / moral philosophy / Latin literature / Bible studies / patristics and Christian theology / semantics and lexicography / Greek / Latin and Italian languages

Аннотация научной статьи по языкознанию и литературоведению, автор научной работы — Illuminati Porcari Carlo

Nel più ampio quadro di una ricerca e di un libro sulla frode e il tradimento in Dante e nelle sue fonti, questo breve saggio mira a confrontare tre fenomeni: l‟esame lessicale di alcuni lemmi cruciali per la seduzione e le insidie; il senso e la dinamica di questi lemmi nei Salmi; il metodo e i risultati ermeneutici con cui alcuni Padri latini, soprattutto Ambrogio interpretarono quegli stessi salmi. Lo scopo filosofico di questi esami lessicali e letterari è di formare una percezione più acuta e profonda di fenomeni così importanti nella storia e nel vivere civile dell‟essere umano.

i Надоели баннеры? Вы всегда можете отключить рекламу.
iНе можете найти то, что вам нужно? Попробуйте сервис подбора литературы.
i Надоели баннеры? Вы всегда можете отключить рекламу.

PERFIDY ON THE PATH OF THE RIGHTEOUS MAN

In a broader framework the present research, dedicated to deceit and betrayal in the works of a great Italian poet, thinker and theologian of Renaissance Dante Alighieri, represents an essay focused on the comparative study of three phenomena. Firstly, it is a thorough analysis of some fundamental lemmas denoting seduction and deceit; secondly, science-based concretization of the meaning and development of these lemmas in psalms, and thirdly, specifying hermeneutic methods enabled some Fathers of the Church (mainly Amvrosius) to interpret the same psalms. While analysing the terms denoting deceit their Latin, Greek, and German equivalents have been revealed. It has been found that some terms (insidie, imboscata, agguato) were given the meaning of pretending, concealing the nature of a scammer who implicitly, secretly is waiting for the moment to strike or kill an opponent. Other terms (laccio, trappola, tranello) reflect active actions aimed at misleading the victim or, in other words, knocking him / her out of the way, tempting him/her with false excitements in order to lure him / her to a particular place or circumstances from which he/she cannot escape without losses. It has been stated that being entrapped (agguato, imboscata) the victim choses his / her own route to which his/her executer adjusts. Under such circumstances a more sophisticated and active trick is needed to guide the victim to the path chosen by his/her opponent, and not the other way round. However, there is a significant difference in doing the trick: in particular, in the «agguato» the tormentor is waiting for the moment to strike timely and decisively; instead, «imboscata» is based on previously taken measures to reduce the spatial distance that deliberately separates two antagonists. Special attention is drawn to author‟s original stylistic devices, for instance, «traptola» is a kind of glue used to immobilize the birds, due to the glueiness of mistletoe berries (vischio) from which, obviously, the word «invischiare» derives that means «to lure». The philosophical purpose of the mentioned lexical and textual analyses is to create a more accurate and profound understanding of such important phenomena in the history and person‟s life.

Текст научной работы на тему «LE INSIDIE SULLA VIA DEL GIUSTO. Il Laccio e Le Metafore Venatorie Nei Salmi e Nell’interpretazione Dei Padri Cristiani»

УДК 811.1/.2'37

C. Illuminati Porcari

LE INSIDIE SULLA VIA DEL GIUSTO.

Il Laccio e Le Metafore Venatorie Nei Salmi e Nell'interpretazione Dei Padri Cristiani

Nel piu ampio quadro di una ricerca e di un libro sulla frode e il tradimento in Dante e nelle sue fonti, questo breve saggio mira a confrontare tre fenomeni: l'esame lessicale di alcuni lemmi cruciali per la seduzione e le insidie; il senso e la dinamica di questi lemmi nei Salmi; il metodo e i risultati ermeneutici con cui alcuni Padri latini, soprattutto Ambrogio interpretarono quegli stessi salmi. Lo scopo filosofico di questi esami lessicali e letterari e di formare una percezione piu acuta e profonda di fenomeni cosí importanti nella storia e nel vivere civile dell 'essere umano.

Parole chiave: Filosofía morale; Letteratura latina; Biblistica; Patristica e Teologia cristiana; Semantica e lessicografia; Lingua greca, latina e italiana.

DOI 10.34079/2226-3055-2019-12-20-65-73

1. Insidie e agguati; trappole e tranelli

Prima di entrare nella rilevante questione dei sensi del laccio e della via, conviene affrontare i termini simili e divergenti dell'agguato e della trappola. Infatti, sebbene si possa guardare ad agguati e insidie, trappole e tranelli come specie del laccio e della rete, tuttavia i primi sono lemmi piu specifici, meno letterari e piu pertinenti alle arti venatorie e soprattutto belliche. Ci sembra, percio, utile giovarci di un approfondimento sui sensi e le forme dell'agguato e della trappola per meglio spiegarne la trama concettuale.

L'agguato appare piu semplice e rientra nella categoria delle insidie in senso proprio, ossia di frode preparata di nascosto della vittima, che si vuole danneggiare grazie alla sorpresa. La sua natura di attesa passiva e chiarita dall'etimo latino di insideo, da cui insidior e insidiae derivano: «star sopra, star fermo o seduto» [12, p. 610; 13, p. 773]; senso ed etimo del tutto analoghi al nome greco évéópa.

L'etimo del lemma «agguato» e invece piu complesso. Per la via di guatare «guardare con fissitá o con intenzione», esso proviene dall'antico-alto tedesco wahhten, da cui i termini tedeschi wachen «vegliare, fare la guardia» e i nomi Wahe o Wacht «servizio di guardia». E manifesto che i lemmi di questa famiglia come guatare o guardare e guardia, nome astratto per «fare la guardia», nonché vegliare, si legano in uno stretto nesso causale [14, p. 899].

In questa categoria semantica rientra anche l'imboscata, che consiste nel nascondere gli armati, tipicamente in un bosco, in attesa di farsi addosso al nemico. Le tre parole, dunque, cooperano a definire l'azione: il bosco come luogo piu adatto per celarsi, la condizione inattiva dell'insidiator viae, che attende immobile, limitandosi all'atto puramente percettivo del «guatare», di osservare attentamente l'arrivo del suo bersaglio, a cui deve restare, fino al momento dell'assalto, rigorosamente nascosto.

Come abbiamo detto poco sopra, l'azione di tendere il laccio e, invece, piu complessa. Ripetiamo anche che lo strumento del laccio trova un sinonimo nella trappola, che tuttavia gode di una minore fortuna letteraria e (forse a causa) di una piu breve storia linguistica: deriva infatti dal franco trappa, onde si e diffuso nei volgari latini e nelle lingue germaniche.

Beninteso, questi dispositivi per la cattura di animali hanno avuto storicamente due fisionomie tecniche, a seconda che contengano o meno un'esca attrattiva, ossia tentatrice: se l'esca e assente, corrispondono al tipo della tagliola, la quale e posta sul terreno in pura

attesa passiva del passaggio della bestia, cosicché funziona in maniera simile alle insidie. Noi perô abbiamo inteso tali parole nel senso pregnante di laccio, o trappola, dotato di esca tentatrice, capace di sedurre l'animale, verso la cattura e la morte.

L'aspetto dinamico o la fase della tentazione si manifesta in un'altra parola sinonima, che è tranello; l'etimo, infatti, sembra sia il verbo tranare, sinonimo di «trainare», ossia sviare e trascinare verso la rovina, aggiungiamo noi. L'uso liguistico ha spostato il significato dalla nomenclatura venatoria a quella bellica, dove indica quegli stratagemmi tesi al nemico, per indurlo a entrare nella trappola da cui non potrà più fuggire.

Ripetiamo che il mezzo del successo dei primi tre (insidie, imboscata, agguato) è la dissimulazione, l'atto del nascondere non l'intenzione, com'è sempre nelle frodi, ma il corpo anzi ogni fisicità del frodatore, in passivo e occulto attendere, con la sorpresa che ne deriva, per battere e uccidere l'avversario. Il mezzo degli altri tre (laccio, trappola e tranello), invece, è la dinamica attiva della tentazione e dell'inganno, volti a sedurre la vittima, ossia a sviarla con l'esca di un vantaggio simulato, verso un luogo fisico o una situazione da cui non potrà più uscire in cerca della salvezza.

Tutt'al contrario, i lacci in senso pregnante, ossia i tranelli: se la loro esca tentatrice non fosse un segno percepito dall'imminente vittima, se non fosse vista o udita da lei, non potrebbe evidentemente mai sviarla verso il suo destino. Questo è vero per le trappole venatorie o i tranelli bellici. Ma lo è a maggior ragione per le lusinghe, come per ogni dolo che si attui con segni verbali, tanto che, in teoria, solo il sordomuto è immune dal subire e attuare blandizie, mentre è evidente che la lusinga scritta ha solo parte di quella orale.

2. «Laqueus» e «laccio»

Ma ora, per non lasciare inesplorata la parola stessa che è, forse, nel nucleo etimologico del verbo latino illicio e quindi di «illecebra», conviene vedere almeno due significati di laccio, anche se, o proprio perché, è termine estremamente comune in italiano.

Corrisponde al latino laqueus, che ha significati medesimi dell'omonimo italiano. Iniziamo, dunque, dalla definizione del senso proprio e fondamentale in italiano: «Funicella con cappio a nodo scorsoio per catturare uccelli o selvaggina». Il lemma indica, cosi, uno strumento composto con una «funicella»: il nodo imprime alla corda una modifica che, abilmente manovrata, la rende funzionale alla cattura: vi si riconosce facilmente la parentela con il lazo della lingua spagnola e della tradizione americana.

Tra quelli dell'uso proprio, in re venatoria, scelgo un passo dalle Georgiche, colto dal corso dell'incantevole storia del genere umano e della scoperta dell'agricoltura: «Tum laqueis captare feras et fallere visco / inventum»; «Allora si trovó il modo di prendere le fiere coi lacci e ingannarle col vischio» [21, p. 128].

Il passo merita un breve commento retorico e sintattico. Potrebbe sembrare che i due ablativi strumentali laqueis e visco «coi lacci; col vischio», identici quanto a caso e funzione, siano stati usati ambedue in senso proprio, come strumenti di cattura della preda. Ma il fatto è che essi dipendono da un diverso infinito. Mentre, insomma, il primo, captare, significa la cattura vera e propria, il secondo, fallere, indica il tranello o l'insidia che ha sospinto l'animale a posarsi sul vischio, restandone incollato e preso. Pertanto, visco non è usato propriamente, bensi come metonimia è spostato a indicare la causa della cattura stessa. Lo studioso italiano v'introduce, in seguito, l'uso in comparatione, imagine, metaphora. Sono allora inganni e tranelli con cui chi stia seducendo distoglie la vittima dal suo percorso. Prima in usu profano et communi, tra cui risalta quello delle situazioni amorose. Tibullo, in un'elegia di complessi intrighi amorosi, si lamenta d'essersi fidato delle ingannevoli promesse del puer amato: «Tum miser interii, stulte confisus amari: nam poteram ad laqueos cautior esse tuos. Allora, sventurato, mi sono perduto, scioccamente fidando di essere riamato: davanti ai tuoi lacci potevo almeno usare maggiore cautela» [18, p. 38; 19, p. 73].

Anche questo distico vuole un'analisi retorica per capire un uso tropico ancor più ardito del visco delle Georgiche. È ovvio che la mente umana è catturata da lacci immateriali, al contrario di quelli usati dai cacciatori virgiliani, tali da soggiogare l'immaginario e le emozioni più che il corpo, secondo l'uso metaforico. Ma Tibullo non sta affatto scrivendo del suo stato mentale presente, bensi dell'insidioso processo che lo ha preceduto e causato, secondo un uso metonimico simile al visco virgiliano. Dovremmo, quindi, definire tale raffinato ed estremo uso tropico come la metonimia di una metafora.

2.1.1 lacci muliebri di Ambrogio

I lacci adescanti dello sguardo tornano in una frase di Ambrogio con un valore metonimico simile ai lacci di Tibullo. Daremo rilievo al Vescovo di Milano con una serie di sue frasi, nelle quali egli, citando e interpretando alcuni segmenti veterotestamentari, da un canto, coniuga tra loro le tentazioni muliebri, il potente sguardo femminile e la cattura letale dell'uomo; dall'altro canto, esprime queste situazioni morali con quella nomenclatura allegorica derivata dalla caccia, in specie col simbolo del laccio, oscillante tra i sensi complementari di esca allettante e di corda imprigionante.

II santo vescovo, dunque, interpreta il versetto 60 del salmo 118 (119), nel quale il giusto dichiara la propria fedeltà alla legge divina: Paratus sum et non sum turbatus, ut custodiam mandata tua. «[...] Nulla eum flabra scopulosae nimis ambitionis excutiunt, nulla procella atque tempestas iniustae invasionis exagitat, non petulantis oculus meretricis inlaqueat; oculus enim meretricis laqueus amatoris est». [1, p. 171]. Non sono sconcertato, sono pronto a osservare i tuoi decreti. «[...] Né lo scuote il vento di un'ambizione troppo forte, né l'agita il flagello tempestoso di un'iniqua violenza; non riesce a irretirlo lo sguardo sfacciato della meretrice, perché il suo sguardo è il laccio dell'amante».

Si noti che il punto di vista è inverso rispetto al divieto di Siracide: lo sguardo qui è non dell'uomo ma della meretrice: fissarne gli occhi è esiziale se non per la vita, come accade con le Gorgoni, certo per la libertà morale.

E non basta: l'archimandrita Ambrogio, forse ansioso di mettere sull'avviso il suo gregge, somma e distingue nelle due facce della figura etimologica (il verbo illaqueat e il sostantivo laqueus) le distinte fasi del tentare / sedurre della meretrix: nel primo riconosciamo il mezzo ingannevole della tentazione della carne; nel secondo, la perdizione nella cattura del peccato. Nel commento al versetto 60, dunque, determinando quali condizioni il fedele debba evitare per esser pronto ad agire in nome del Signore, Ambrogio usa metaforicamente il laccio per significare la tentazione del lubrico sguardo muliebre.

È pur vero che nei Salmi è ragionevole interpretare lacci, piuttosto che come metafora per le muliebri tentazioni persuasive alla lussuria, come metonimia o metafora per gli agguati religiosi o militari dei nemici del giusto. Per esempio, in 56,7; oppure in 30,5: «Educes me de laqueo hoc quem absconderunt mihi, quoniam tu es protector meus» [8, p. 566, 740].

Ma tale forzatura del testo salmico trovava, per cosi dire, giustificazione e forza grazie ad altri passi biblici, che ammonivano a stare in guardia contro le illecebre femminili. Particolarmente chiara e feroce è la scoperta dell'uomo che sceglie la saggezza nel Qohelet: «inveni amariorem morte mulierem, quae laqueus venatorum est, et sagena cor ejus, vincula sunt manus illius. Qui placet Deo effugiet illam; qui autem peccator est capietur ab illa». «Trovo che amara più della morte è la donna, la quale è tutta lacci: una rete il suo cuore, catene le sue braccia. Chi è gradito a Dio la sfugge, ma il peccatore ne resta preso» [7, p. 1563].

In Proverbi 7, è di ammonimento la vicenda della forestiera adultera, le cui attrattive riecheggiano quelle della forestiera del capitolo 5, e che adesca l'adolescente dissennato: «Irretivit eum multis sermonibus, et blanditiis labiorum protraxit illum»; «Lo lusinga con tante moine, lo seduce con labbra allettanti» [8, p. 668-669; 16, p. 907]. L'azione adescante

ha tanto successo, che il giovane la segue, ignaro di precipitarsi nel laccio o nella rete per la propria morte.

In ambedue le pericopi bibliche emergono con evidenza tre tempi dell'adescamento: la tentazione allettante, la cattura nella rete o nella catena, la morte; mentre la predisposizione del peccatore eclissa il momento in cui la vittima si lascia persuadere a sviarsi. In ambedue compare il lemma del laccio, tuttavia oscillante tra i due sensi: di esca tentatrice e di corda imprigionante.

Non compare, invece, quel nesso intrigante tra sguardo e laccio, che s'impone nel commento ambrosiano del salmo 118: «oculus enim meretricis laqueus amatoris est». Ebbene, Ambrogio, in altri suoi luoghi testuali, attribuisce proprio a Proverbi 7,10-sq un'espressione (in verità assente nella versione della Vulgata, e di cui non scorgo tracce neanche nei Settanta) che è parafrasi perfetta di quella definizione dello sguardo femminile: «oculus enim meretricis laqueus peccatoris»; «lo sguardo della meretrice è il laccio per il peccatore».

Nell'Apologia altera prophetae David, in cui Ambrogio difende il re per il doppio peccato sorto dalla sua illegittima passione per Bethsabea, egli ancora torna, con monotona coerenza, sulla stessa figura della pericolosa meretrix, e ancora ne denuncia, con varianti di poco peso, i suoi pericolosi lacci, qui delle labbra e delle parole piuttosto che degli occhi e dello sguardo, ammonendo il suo lettore a non farsi legare «laqueis labiorum suorum». Infatti, una donna come quella di Proverbi 7, di cui ancora rammenta gli atti, e che tende i suoi agguati agli angoli delle strade, è esperta a legare con gli occhi e ad adescare con le parole. E qui egli conia un parallelismo perfetto che, rivelando l'arte dell'oratore, sottolinea la relazione, forse etimologica certo logica e paranomastica, dei due verbi, illigo e illicio: «oculis illigat, verbis illicit» [2, p. 891-892].

2.2. L'ermeneusi cristiana del laccio nei Salmi

Ora, l'ultimo frutto del fertile campo ambrosiano è nel metodo ermeneutico che egli mostra nelle proprie letture dell'Antico testamento, e che sarà paradigmatico per i successivi Padri e interpreti cristiani. Commentando il commento ambrosiano del salmo 118, il più lungo di tutti, abbiamo mostrato una certa forzatura del senso di una vicenda che è più volte narrata o accennata nel corso dei 150 carmi che compongono uno dei libri più amati e citati della Bibbia ebraica.

2.2.1. La via del Signore e l'agguato dei nemici

Vediamola in breve: il giusto è oggetto di ricorrenti persecuzioni da parte dei suoi nemici: il primo è pio e fedele; i secondi, empi e malvagi. La narrazione della vicenda resta assai generica e priva di concrete circostanze tanto di fatti e discorsi quanto di luoghi e tempi. A volte, si comprende che il giusto è vittima di calunnie e di false testimonianze. Spesso si narra di un'insidia che i nemici hanno nascosto sul cammino dell'empio: è una fossa, una rete, un laccio, talvolta uno skándalon, che deriva da skandále «il legno a cui si attacca l'esca»: lo scandalo, dunque, è oscillante tra due sensi: la pietra o l'ostacolo che possono far cadere, impedendo il cammino, e la trappola o il tranello, che, allettando con l'esca, porta alla cattura e quindi alla rovina e forse alla morte della vittima.

Non v'è bisogno di dire che questo secondo e più malizioso significato rispecchia l'analogo senso dell'altra metafora ambigua, quella del laccio. Ci si chiede, dunque, se queste insidie disposte lungo il cammino del giusto siano assimilabili alla categoria degli agguati o a quella delle trappole. Le altre due metafore venatorie dal senso più univoco, fossa e rete, sembrano appartenere alla prima e più semplice categoria. Ma anche quando il testo -o meglio la sua versione greca o latina (che a noi più concernono, poiché andiamo esaminando la tradizione occidentale) - esibisce unapagís o un laqueus (al singolare pittosto che al plurale dei classici), il salmista specifica che essi sono stati accuratamente nascosti,

circostanza che nel capitolo precedente abbiamo dimostrato come tipica dell'agguato, e ad esso necessaria.

Torniamo ora, e finalmente al versetto 60 del salmo 118. La professione di fede del giusto e interpretata da Ambrogio come irremovibile non solo contro le ingiustizie che possono abbattersi su di lui, ma anche in senso morale contro le tentazioni al peccato, perché egli non si lascia sviare né da quella soggettiva dell'ambizione né da quella oggettiva della meretrice col suo sguardo perturbante, che e laqueus per l'uomo. Ma proprio nel versetto seguente, il 61, il Salmista ricorre a un sinonimo della stessa parola: «Funes peccatorum circumplexi sunt me, et legem tuam non sum oblitus» «I lacci degli empi mi hanno avvinto, ma non ho dimenticato la tua legge» [8, p. 639]. Ciononostante, Ambrogio conferma l'interpretazione di quelle funi reali dei nemici come quelle morali dell'animo umano: «Hi sunt igitur funes delictorum nostrorum, quibus involvimur et ligamur [...] Utinam [Salvator] et mihi dicat: Exi de vinculis tuis: exi de nexibus peccatorum tuorum: solve funes erroris tui, quibus circumdatus et ligatus es» [1, p. 175]. «Queste sono le funi delle nostre colpe da cui siamo avviluppati e legati [...] Voglia il cielo che il Salvatore dica anche a me: «Esci dalle tue catene: esci dai nodi dei tuoi peccati: sciogli le funi del tuo errore, da cui sei circondatro e annodato».

In questo caso la lettura allegorica del Santo si libera da ogni riferimento a un concreto avversario, che si presentasse nella figura dei nemici del giusto, ma persino della prostituta: il nemico che ci ha tolto la liberta spirituale siamo noi stessi, quando ci siamo dati all'errore e al peccato, come quello dovuto all'ambizione che era stata domata poche parole prima.

Tuttavia, oltre alla rilettura di temi classici, vi e di notevole anche il modo d'interpretare l'allegoria del testo biblico, comune ad Ambrogio e a molti Padri cristiani, con una sorta di allegoria di secondo grado: mentre il Salmista definisce lacci i concreti agguati orditi da concreti nemici (con quella che potremmo definire metafora metonimica, analoga agli usi di Tibullo o Ambrogio), il Cristiano li interpreta come allegoria morale dei peccati carnali che traviano l'anima.

Il diavolo e, pur sempre, il maestro di insidie e lacci per antonomasia. Lo possiamo testimoniare con un versetto di Paolo: il laqueus di Girolamo traduce la rcayí^ di Paolo: «Kai avavnyrooiv sk r^ noü 5iapó1ou nayí5o^, é^royp^KÉvoi ún' awoü sí^ no sksívou Galopa» [15, p. 553]; «resipiscant a diaboli laqueis, a quo captivi tenentur ad ipsius voluntatem» [8, p. 1315]; «e ritornino in sé sfuggendo al laccio del diavolo, che li ha presi nella rete perché facessero la sua volontá».

Questo lemma greco, nayíg, í5og, ha il senso proprio di «trappola», il dispositivo meccanico per la cattura degli animali. Secondo la definizione di Stephanus e un «Laqueus qui tenditur, in terram depangitur, ad capiendas feras». Come tutti questi termini della tecnica venatoria, subisce una metamorfosi metaforica che lo strumento lessicale The Discovery Bible NT with Help esprime con una perifrasi perfetta: «a moral snare that robs someone of their spiritual liberties» «un laccio morale che deruba qualcuno delle proprie libertá spirituali».

La relativa di questa definizione, «che deruba delle proprie libertá spirituali», arricchisce, senza contraddirlo, il punto di vista che noi abbiamo adottato della caduta nel peccato e della perdizione. In generale, anche nella fenomenologia profana, l'espressione e pregnante dello stato d'irreversibile servaggio a cui si sottopone l'innamorato come di Tibullo o Ovidio cosi di Lucrezio.

Ma rende anche l'antitesi morale tra la libertá nel Signore e la schiavitu di Satana, effetto del peccato, come se l'uomo fosse degradato allo stato di burattino inerte e privo di volontá propria. Una situazione assai simile ai corpi dei traditori danteschi, posseduti dai demoni.

Tuttavia, proprio nella lettera precedente, un'idea di «laccio» diversa, ma analoga al passo di Agostino, sfida e rovescia questa che abbiamo appena detto: «oí ôè Pouló^svoi rclowstv é^nínnouGiv siç nsipao^ov Kai rcayiôa Kai srci0UKÎaç nollaç àvo^xouç Kai piapspâç, aïxivsç PuQiÇouoi noùç àvQpronouç siç óIsQpov Kai árcrólsiav. 10 piÇa yàp návnrov nràv KaKràv soxiv ^ ^ilapyupia, ^ç xivèç ôpsyÔKsvoi ànsnlav^Q^aav àno rnç niaisraç Kai éawoùç nspiénsipav ôôùvaiç nollaiç» [15, p. 549]. «Al contrario coloro che vogliono arricchire, cadono nella tentazione, nel laccio e in molte bramosie insensate e funeste, che fanno affogare gli uomini in rovina e perdizione. 10 L'attaccamento al denaro [^iXapyupia «amore del denaro»] infatti è la radice di tutti i mali; per il suo sfrenato desiderio alcuni hanno deviato dalla fede e si sono da se stessi tormentati con molti dolori» [15, p. 549].

Il testo, grazie al polisindeto, insinua una sostanziale unità dei mezzi causanti la perdizione (siç nsipao^ôv Kai nayiôa Kai èniBv^iaç «nella tentazione e nel laccio e nelle bramosie»). Che la tentazione sia trappola o laccio per l'anima dovrebbe esser ormai evidente. Ma qui la frase sembra suggerire che essa, quasi priva di un agente, sorga già nelle cupidigie umane, qui del denaro come in Agostino del sesso, in eco persino delle illecebre di Archita.

Resta il nócciolo della nostra disquisizione. La pagís e il laqueus della traduzione greco-latina dei salmi, più che significanti reali reti o trappole, sono in uso metaforico di altre pur reali insidie, comunque agite da plurali nemici umani e malvagi del giusto. I cristiani, spingendo questo senso originario verso altri significati allegorici, finiscono per disconoscerlo, cosicché abbiamo definito la loro come una sorta di allegoria al quadrato, o allegoria dell'allegoria primitiva, talché quei nemici reali ed esterni sono sostituti ora dal nemico interiore delle proprie concupiscenze carnali e terrene; ora da quella nemica umana ma singolare che è la meretrix, capace di accendere nella vittima, protagonista e poeta dei salmi, quei desideri; ora, e infine, quei tanti nemici si condensano nella figura singolare ma sovrumana del diavolo, il quale, almeno in Paolo, perseguita più che tentare il fedele.

Dopo tanta ricchezza di esempi, seppure si debba restare dubbiosi rispetto al nesso etimologico tra laqueus e lacio, non si puó non rilevare, quanto meno, la convergenza tra il significato metaforico del primo, come «insidie morali», e quello proprio del secondo e dei suoi verbi composti che si accentrano intorno al senso «condurre/indurre ingannando» (ci si rammenti del lacit di Verrio Flacco presso Paolo Diacono: «decipiendo inducit [...] inducit in fraudem»).

Passiamo a un veloce esame dei valori della parola in italiano. Già a un primo sguardo appare subito chiara la convergenza, nelle due lingue, dei valori traslati di laqueus e di laccio: come in latino fraus, insidiae; cosi in italiano «insidia, inganno, trappola».

Ma, per paradosso, quello che dona maggiori suggestioni è il senso proprio, col quale abbiamo iniziato questo paragrafo. Il Battaglia ne dà definizione impressionante per completezza e penetrazione, tali da anticipare possibili scenari drammatici e narrativi: «Fune fornita all'estremità di un cappio a nodo scorsoio, che, opportunamente nascosta e mimetizzata, si adopera nell'uccellagione per sorprendere e accalappiare la preda, indotta per lo più a immettersi in passaggi obbligati».

Come detto nel capitolo dedicato, anche l'agguato e l'imboscata accadono sulla via. In essi, tuttavia, è la vittima a scegliere il proprio itinerario, a cui il suo carnefice si adatta. Sotto tale aspetto, nell'atto di tendere il laccio vi è un'astuzia più complessa e attiva, grazie alla quale la preda è indotta sulla via scelta dal suo avversario, e non l'inverso. Anche nel momento dell'esecuzione del progetto vi è differenza: nell'agguato ci si limita ad attendere, e l'abilità, come detto, consiste nel condurre un assalto tempestivo e

determinate; nell'altro gesto, invece, la corda e il suo cappio s'interpongono tra i due, colmando la distanza spaziale che opportunamente separa i due antagonisti.

La presenza cruciale del mezzo, peculiare e opportunamente costruito, si ripresenta nella trappola, oppure nella pania usata per immobilizzare gli uccelli grazie alla collosità delle bacche del vischio, da cui, ovviamente, «invischiare».

Opere citate

1. Ambrosius Expositio psalmi CXVIII / Ambrosius, ed. by M. Petschenig, M. Zelzer. -2°ed. - Vienna : Osterreichische Akademie der Wissenschaften, 1999. - 550 p. - Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum Latinorum 62.

2. Ambrosius Mediolanensis Aurelius. Apologia altera prophetae David / Aurelius Ambrosius Mediolanensis. - Parisiis, 1845. - T. XIV. - P. 929-960.

3. Ambrosius Mediolanensis Aurelius. De Cain et Abel / Aurelius Ambrosius Mediolanensis. - Parisiis, 1845. - T. XIV. - P. 333-380.

4. Aquinas T. Summa theologiae // Aquinatis T. Opera omnia / T. Aquinatis / ed. by Fratres Ordinis praedicatorum. - Romae : Typographia polyglotta, 1888-1906. -T. 4-12.

5. Augustinus Aurelius Le confessioni / Aurelius Augustinus ; Tr. it. C. Carena ; M. Skutella ; M. Pellegrino. - Roma : Città Nuova Editrice, 1965. - 529 s.

6. Augustinus Hipponensis, Aurelius Confessiones / Aurelius Augustinus Hipponensis, ed. by L. Verheijen. - Turnhout : Brepols, 1981. - 82 p. - Corpus Christianorum, Series Latina 27.

7. Bibbia Tob. Traduzione CEI 1972. Note Tob / 2°ed. - Torino : Leumann, 1992.

8. Biblia sacra iuxta Vulgatae exemplaria et correctoria romana / ed. by A. C. Fillion. -10°ed. - Paris : Letouzey, 1930.

9. Biblia sacra iuxta vulgatam versionem / ed. by R. Weber, et al. - Stuttgart : Wüttembergische Bibelanstalt, 1969. - 2 tom.

10. Cassiodorus F. M. Senator Expositio in Psalterium / F. M. Cassiodorus. - Paris, 1865. - PL 70. - P. 9-1055.

11. Cicero M. T. De senectute / M. T. Cicero ; transl. by W. A. Falconer. - Cambridge, MA : Harvard University Press, 1923. - Loeb Classical Library 154.

12. Ernout A. Dictionnaire étimologique de la langue latine / A. Ernout, A. Meillet. -Paris : Klincksieck, 1985. - 600 p.

13. Georges K. E. Dizionario enciclopedico Latino-Italiano / K. E. Georges ; F. Calonghi. - 4°ed. - Torino : Rosenberg&Sellier, 2002. - 1602 p.

14. Kendall, Robert & James Strong. The New Strong's Expanded Dictionary of Bible Words. Nashville TN : T. Nelson, 2001.

15. Novum Testamentum Graece. Ed. Eberhard Nestle & Kurt Aland, et al. - 27°ed. -Stuttgart : Deutsche Bibelgesellschaft, 1996. - 810 p.

16. Nuova versione ufficiale della Conferenza Episcopale Italiana, 2008. La sacra Bibbia. Nuova traduzione Cei. - Roma : Società Biblica Britannica e Forestiera, 2015.

17. Ovidius Naso, P. Amores ; Medicamina faciei femineae ; Ars amatoria ; Remedia amoris / P. Ovidius Naso, ed. by E. J. Kenney. - 2°ed. - Oxford : Clarendon, 1994.

18. Tibullus A. Albii Tibulli aliorumque carmina / A. Tibullus ; ed. by. G. Luck. -Stutgardiae : Teubner, 1988. - 117 p.

19. Tibullus A. Le elegie / A. Tibullus ; a cura di F. Della Corte. - 2°ed. Milano : Mondadori, 1989. - 321 p.

20. Traduction œcuménique de la Bible. Avec notes essentielles / by A. Bea ; M. Boegner ; United Bible Societies. - Paris : Le Cerf, 1988. - 1861 p.

21. Vergilius M. P. Bucolica ; Georgica / Maro, P. Vergilius ; S. Ottaviano ; ed. by. G. B. Conte. - Berlin-Boston : De Gruyter, 2013. - 220 p.

A disposizione della redazione dal 03.04.2019.

К. ГллюмшаТ Поркар1

ШДСТУПШСТЬ НА ШЛЯХУ ПРАВЕДНИКА

В максимально широкому аспектг представлене дослгдження, присвячене обману i зрад1 у творах великого талтського поета, мислителя, богослова доби В1дродження Данте Алiг'eрi, являе собою коротке есе, закцентоване на компаративному вивченн трьох явищ. По-перше, це Грунтовний лексичний аналiз деяких фундаментальних лем на позначення спокушання та омани, по-друге - науково-виважена конкретизащя значення й розвитку цих лем у псалмах, а по-трете - деталiзацiя методiв i герменевтичних результатiв, за допомогою яких деякими Отцями Церкви (головним чином, АмвроЫем) було здтснено ттерпретащю одних й тих же псалмiв.

Шд час аналiзу термшв на позначення обману були виявлеш гхш латинсью, грецью, шмецью аналоги. Було встановлено, що частина термШв (insidie, imboscata, agguato) надшею значенням удавання, приховання природи шахрая, який бездiяльно й таемно очтуе на вдалий момент для нанесення удару чи вбивства суперника. Iншi ж (laccio, trappola, tranello) показують активн дгг, як мають на метi ввести в оману жертву, чи тшими словами збити гг зi шляху, приманюючи фальшивими перевагами задля того, щоб заманити гг в певне м^це чи обставини, з яких вона не зможе вийти без втрат. У до^дженн було зазначено, що у заЫдках (agguato, imboscata) саме жертва обирае власний маршрут, до якого пристосовуеться гг кат. Шд таким кутом для розставляння стки необхiдна складнша та активтша хитрить для того, щоб спрямувати жертву на шлях, обраний гг супротивником, а не навпаки. Однак у гхньому виконанн зафтсовано wтотну рiзницю: зокрема, в «agguato» мучитель обмежуеться очтуванням, а хитрить полягае у тому, щоб нанести своечасний та ршучий удар; натомить «imboscata» базуеться на попередньо вжитих заходах, як1 зменшують просторову вiдстань, яка спещальнороздшяе двох антагонiстiв.

Критична наявтсть спещально створеного особливого засобу, помтна у пастц (trappola), чи у «клег», який використовуеться, щоб знерухомити птахiв, завдяки клейкостi ягiд омели (vischio), звiдки й, очевидно, походить слово «invischiare», тобто «заманювати».

Фшософська мета згаданих лексичних i текстових аналiзiв полягае у формуванн бшьш точного i глибокого розумтня таких важливих явищ в wтори та життi людини.

Ключовi слова: моральна фiлософiя, латинська лтература, бiблiстика, патристика i християнська теологiя, семантика i лексикографiя, грецька, латинська та талтська мови.

C. Illuminati Porcari

PERFIDY ON THE PATH OF THE RIGHTEOUS MAN

In a broader framework the present research, dedicated to deceit and betrayal in the works of a great Italian poet, thinker and theologian of Renaissance Dante Alighieri, represents an essay focused on the comparative study of three phenomena. Firstly, it is a thorough analysis of some fundamental lemmas denoting seduction and deceit; secondly, science-based concretization of the meaning and development of these lemmas in psalms, and thirdly, specifying hermeneutic methods enabled some Fathers of the Church (mainly Amvrosius) to interpret the same psalms.

While analysing the terms denoting deceit their Latin, Greek, and German equivalents have been revealed. It has been found that some terms (insidie, imboscata, agguato) were given the meaning of pretending, concealing the nature of a scammer who implicitly, secretly is waiting for the moment to strike or kill an opponent. Other terms (laccio, trappola, tranello) reflect active actions aimed at misleading the victim or, in other words, knocking him / her out of the way, tempting him/her with false excitements in order to lure him / her to a particular place or circumstances from which he/she cannot escape without losses.

It has been stated that being entrapped (agguato, imboscata) the victim choses his / her own route to which his/her executer adjusts. Under such circumstances a more sophisticated and active trick is needed to guide the victim to the path chosen by his/her opponent, and not the other way round. However, there is a significant difference in doing the trick: in particular, in the «agguato» the tormentor is waiting for the moment to strike timely and decisively; instead, «imboscata» is based on previously taken measures to reduce the spatial distance that deliberately separates two antagonists.

Special attention is drawn to author's original stylistic devices, for instance, «traptola» is a kind of glue used to immobilize the birds, due to the glueiness of mistletoe berries (vischio) from which, obviously, the word «invischiare» derives that means «to lure».

The philosophical purpose of the mentioned lexical and textual analyses is to create a more accurate and profound understanding of such important phenomena in the history and person's life.

Key words: moral philosophy, Latin literature, Bible studies, patristics and Christian theology, semantics and lexicography, Greek, Latin and Italian languages.

УДК 821.135.1(477.85)-1.09

Л. М. Ковалець

П1ЗНАЮЧИ БОГА, ЛЮДИНУ, СВ1Т: ПОЕЗ1Я М1РЧ1 ЛЮТИКА ЯК ДУХОВНА ВЕЛИЧИНА

У статт1 проаналiзовано тематичт та духовн горизонти поези сучасного румунського автора, котрий живе i працюе в Украж, Мiрчi Лютика. Об 'ектом уваги стали вибран твори, перекладен украгнською Вiталiем Колодiем та вмщен у збiрцi «Зворотн обри» (Чермвць 2018). Предметом же фшософсько^ричного тзнання автора виявилась надважлива трiада Бог - Людина - Свт.

Доведено, що завдяки змштовому наповненню, iдейним домтантам, високохудожностi поезiя Мiрчi Лютика ютотно збагачуе лтературу, творену в Укран мовами нацюнальних меншин, i варта активншого введення в загальноукртнський та загальноевропейський контекст.

iНе можете найти то, что вам нужно? Попробуйте сервис подбора литературы.

Клю^о^^ слова: Мiрча Лютик, поезiя, переклади, трiада «Бог - Людина - Свт», лiричний герой, гармотйне i дисгармонтне, екзистенцтне.

Б01 10.34079/2226-3055-2019-12-20-73-80

Постановка науковоТ проблеми та анал1з останшх публжацш. Творчють румунського поета Мiрчi Лютика знана в Укрш'ш: цей автор народився 1939 року в селi Йорданешти, що на Чершвеччиш, фактично усе його життя пов'язане з рщним краем

i Надоели баннеры? Вы всегда можете отключить рекламу.