Научная статья на тему 'CONIECTANEA (IV)'

CONIECTANEA (IV) Текст научной статьи по специальности «Языкознание и литературоведение»

CC BY
11
3
i Надоели баннеры? Вы всегда можете отключить рекламу.
Журнал
Philologia Classica
Scopus
ВАК
Ключевые слова
SENECA / QUEROLUS SIVE AULULARIA / ANCIENT PHILOSOPHY / COMEDY / TEXTUAL CRITICISM / CONJECTURES

Аннотация научной статьи по языкознанию и литературоведению, автор научной работы — Lucarini Carlo M.

Scopo di questo articolo è gettare luce sul testo di alcuni passi di De beneficiis, De clementia, Apolocyntosis, Dialogi di Seneca e della commedia anonima Querolus sive Aulularia. Una nuova edizione di De beneficiis, De clementia e Apolocyntosis per la Scriptorum classicorum bibliotheca Oxoniensis verrà a breve pubblicata da R. Kaster e io ho avuto occasione di leggerne una prima bozza. In questo articolo io discuto circa 70 passi di Seneca e 5 del Querolus: per la maggior parte di essi io propongo nuove congetture (la mia conoscenza delle lezioni dei manoscritti è basata sulle edizione esistenti, inclusa quella di Kaster). Per esempio: De ben. 2, 28, 3 al posto di fert si legga fert; De ben. 5, 4, 2 si aggiunga itaque ; De ben. 6, 3, 1 si legga si cito; De ben. 6, 37, 2 non est… pudet deve essere espunto; De ben. 7, 2, 6 al posto di prorsus si legga pronus; De clem. 2, 7, 2 si aggiunga eius ; Apocol. 4, 3 si aggiunga sonum; De ira 3, 28, 3 al posto di dolor si legga dolus; De ira 3, 13, 7 al posto di tota si legga tuta; Consol. ad Helviam matrem 10, 3 al posto di potest si legga potitur; Querolus sive Aulularia 26 si legga fallis.

i Надоели баннеры? Вы всегда можете отключить рекламу.
iНе можете найти то, что вам нужно? Попробуйте сервис подбора литературы.
i Надоели баннеры? Вы всегда можете отключить рекламу.

CONIECTANEA (IV)

The aim of this article is to cast new light on the textual constitution of some passages of Seneca’s De beneficiis, De clementia, Apolocyntosis, Dialogi and on the text of the anonymous comedy Querolus sive Aulularia. A new edition of De beneficiis, De clementia and Apocolocyntosis for the Scriptorum classicorum bibliotheca Oxoniensis will be published by R. Kaster, and the author of the article had the occasion of reading a proof of it. In this work, approximately 70 of Seneca’s passages and 5 of the Querolus are discussed, for the majority of which a new conjecture is proposed (the author’s knowledge of the readings of the manuscripts is based only on the reports of the editions). For instance: De ben. 2, 28, 3 instead of fert read fert; De ben. 5, 4, 2 add itaque ; De ben. 6, 3, 1 read si cito; De ben. 6, 37, 2 non est… pudet should be deleted; De ben. 7, 2, 6 instead of prorsus read pronus; De clem. 2, 7, 2 add eius ; Apocol. 4, 3 add sonum; De ira 3, 28, 3 instead of dolor read dolus; De ira 3, 13, 7 instead of tota read tuta. Cons. ad Helviam matrem 10, 3 instead of potest read potitur. Querolus 26 read fallis.

Текст научной работы на тему «CONIECTANEA (IV)»

lÜGillUGilÜ MISCELLANEA

PHILOLOGIA CLASSICA

niiunjiun

VOL. 16. FASC. 2. 2021

UDC 821.124

Coniectanea (IV)*

Carlo M. Lucarini

Universita di Palermo, Viale delle Scienze 15, 90128, Italia; carlo.lucarini@unipa.it

For citation: Carlo Lucarini. Coniectanea (IV). Philologia Classica 2021, 16 (2), 370-387. https://doi.org/10.21638/spbu20.2021.215

Scopo di questo articolo e gettare luce sul testo di alcuni passi di De beneficiis, De clementia, Apolocyntosis, Dialogi di Seneca e della commedia anonima Querolus sive Aulularia. Una nuova edizione di De beneficiis, De clementia e Apolocyntosis per la Scriptorum classicorum bibliotheca Oxoniensis verra a breve pubblicata da R. Kaster e io ho avuto occasione di leg-gerne una prima bozza. In questo articolo io discuto circa 70 passi di Seneca e 5 del Querolus: per la maggior parte di essi io propongo nuove congetture (la mia conoscenza delle lezioni dei manoscritti e basata sulle edizione esistenti, inclusa quella di Kaster). Per esempio: De ben. 2, 28, 3 al posto di fert si legga fer<a>t; De ben. 5, 4, 2 si aggiunga itaque <bonus>; De ben. 6, 3, 1 si legga <ni>si cito; De ben. 6, 37, 2 non est... pudet deve essere espunto; De ben. 7, 2, 6 al posto di prorsus si legga pronus; De clem. 2, 7, 2 si aggiunga eius <levius>; Apocol. 4, 3 si ag-giunga <solito> sonum; De ira 3, 28, 3 al posto di dolor si legga dolus; De ira 3, 13, 7 al posto di tota si legga tuta; Consol. ad Helviam matrem 10, 3 al posto di potest si legga potitur; Querolus sive Aulularia 26 si legga fall<er>is.

Keywords: Seneca, Querolus sive Aulularia, ancient philosophy, comedy, textual criticism, conjectures.

La prossima pubblicazione di De beneficiis, De clementia e Apocolocyntosis di Seneca nella Bibliotheca Oxoniensis a cura Robert Kaster mi spinge a proporre una serie di osservazioni a questi tre testi, cui ne seguono alcune ai Dialogi dello stesso Seneca e al Querolus sive Aulularia1.

* Le prime serie di questi Coniectanea si leggono in: Philologus 150 (2006) 350-354; Eos 94 (2007) 313-315; Eos 103 (2016) 127-129. Ringrazio R. Kaster, per avermi fatto leggere una prima stesura della sua edizione e per aver letto e migliorato una prima stesura di questo articolo, nonché F. Tutrone per alcuni utili suggerimenti. Questo lavoro e dedicato all' illustre Collega Prof. A. Gavrilov pel suo ottantesimo genetliaco.

1 Per Seneca si terranno presenti le edizioni di Hosius (19142), Préchac (1926), Reynolds (1977), Ron-cali (1990), Malaspina (2016) e la traduzione di Stewart (1887-1889). Per il Querulus cfr. la nota 7. Quando

© St. Petersburg State University, 2021

De ben. 1, 1, 5

et variis artibus necessitates properantes elusit.

Seneca si riferisce qui alla superbia con cui di solito noi guardiamo le necessitates di chi ci chiede un beneficio. Gli editori accolgono properantes, ma e probabile che tale forma sia un'assimilazione da necessitates e che sia corretto il genitivo properantis (N2 2), poiché Seneca in casi del genere di solito riferisce il participio alla persona, cfr. Ben. 1, 11, 6 (vitium accipientis); 1, 14, 3 (eadem comitate tribuentis); 2, 2, 2 (rogantis verba); 4, 13, 2 (aliorum necessitates... laxent); Epist. 61, 3 (volenti necessitas non est). Inoltre,properantis offre l'ottima clausola cretico + trocheo, mentre properantes e. e una clausola sgradevole (quattro lunghe).

De ben. 1, 3, 7

apud quem praecingantur et spissis aut Phryxianis prodeant.

Seneca si riferisce a vesti, il cui nome e riconducibile a Frisso (Opí^oq), l'eroe del mito argonautico. Seneca conosceva perfettamente la forma del nome di tale eroe (Troad. 1034; Med. 471) e certo non la confondeva con Opuyía e derivati. Mi pare anche probabile che egli sapesse che l'aggettivo Phrixianus applicato alle vesti trae origine dall'eroe e dal suo ariete. Se e cosí, e probabile che egli abbia scritto Phrixianis3.

De ben. 2, 2, 2

si non contigit praevenire, plura rogantis verba intercidamus, ne rogati videamur, sed certiores facti: statim promittamus facturosque nos etiam antequam interpellemur ipsa fes-tinatione adprobemus.

La festinatio deve dimostrare che noi avremmo fatto il beneficio anche senza esserne stati richiesti ("by our promptness make it appear that we meant to do so even before we were solicited" Stewart). Credo si debba leggere interpell<ar>emur, poiché per esprimere l'anteriorita nel passato e necessario l'imperfetto congiuntivo.

De ben. 2, 3, 2

"...postea quidquid desiderabis tuo iure exiges".

"... if you want anything, ask for it as your right" (Stewart). Credo si debba integrare desiderabis <ut> tuo iure, poiché Seneca vuole dire che il richiedente dovra richiedere il beneficio come cosa di cui ha diritto e per esprimere il punto di vista soggettivo del richiendente e necessario introdurre ut (la cui caduta e facilissima prima di tuo).

mi riferisco a proposte di filologi senza indicare la sede di pubblicazione, significa che tali proposte sono registrate nelle edizioni citate.

2 Il Nazarianus (N), Vat. Pal. 1547, è unico portatore di tradizione per il De beneficiis. Per la tradizione di quest'opera cfr. Mazzoli (1978-1982); Kaster sub prelis.

3 Il termine si trova anche in Plin. NH 8, 195, ove i mss. oscillano fra Phryx- (preferito da Ian-May-hoff) e Phrix- (preferito, a ragione, da Ernout).

De ben. 2,17,1-2

Seneca narra di un cinico che aveva chiesto ad Antigono prima un talento, poi un denaro, ricevendo in entrambi i casi un rifiuto. Segue un ragionamento dell'interlocutore fittizio, in cui si afferma che Antigono avrebbe dovuto dare al cinico quanto egli chiedeva. Poi leggiamo: si me interrogas, probo; est enim intolerabilis res poscere nummos et contem-nere. Queste parole, che seguono immediatamente il discorso dell'interlocutore fittizio, sono di Seneca, che dice di approvare l'atteggiamento di Antigono. Io credo che probo ab-bia bisogno di un complemento oggetto, altrimenti il lettore riferisce probo a quanto detto dall'interlocutore fittizio, il che è assurdo. Integrerei interrogas, <regem> probo (l'errore potrebbe essere nato da un manoscritto in onciale, ove rog- e reg- apparivano pressoché uguali)4.

De ben. 2,19,1

num ergo beneficium est ferae auxilium? minime, quia nec voluit facere nec faciendi animo fecit.

Gli animali, argomenta Seneca, non possono fare benefici. A differenza degli editori, credo vada accolta la congettura, già presente in alcuni mss. recenziori (cfr. l'apparato di Hosius), <bene> faciendi, cfr. Benef. 1, 2, 2 (magnitudini bene facientis); 1, 7, 1 (in ipsa bene faciendi voluntate); 5, 12, 7 (hic bene faciendi voluntate caret). Il semplice facere non puo, infatti, significare bene facere.

De ben. 2, 28, 2-3

"hoc initium est, boni consulamus et animum eiusgrate excipiendo evocemus. [...]plu-ra illis hominibus turpissimis data sunt. quid ad rem? quam raro fortuna iudicat! 3 cottidie querimur malos esse felices, saepe quae agellos pessimi cuiusque transierat optimorum vi-rorum segetem grando percussit: fert sortem suam quisque ut in ceteris rebus ita in amicitiis".

Seneca riferisce qui il discorso che ciascuno deve fare a se stesso, se pensa di avere ricevuto meno benefici di quanti meritasse. Mi crea difficoltà l'indicativo fert, poiché in questo modo si direbbe che ciascuno tollera la propria situazione come è opportuno, ma qui è appropriata un'esortazione. Si leggafer<a>t sortem suam ("every man has to take his chance, in friendship as well as in everything else" Stewart). Cfr. poco sopra boni consul-amus . evocemus.

De ben. 3,1, 4

aliquando ad referendam gratiam converti ex aliqua causa possunt, si illos pudor ad-monuerit, si subita honestae rei cupiditas, qualis solet ad tempus etiam in malis pectoribus exurgere, si invitaverit facilis occasio.

Il periodo risulta fiacco, perché cupiditas (a differenza di pudor e occasio) non ha un verbo; per questo Wesenberg ha proposto cupiditas <inpulerit>. Tuttavia questa congettura dà una pessima clausola (molosso + coriambo) e non ha verisimiglianza paleografica.

4 Si osservi che anche Stewart è costretto a introdurre un complemento oggetto di probo: "If you ask me, I applaud Antigonus".

Io suggerisco exurgere <stimulaverit>: e vero che la clausola (molosso + crético) e un po' meno elegante che il dicretico pectoribus exurgere, ma e comunque tollerabile. Cfr. inoltre De ira 2, 8, 2 (diversis stimulantur cupiditatibus).

De ben. 3, 16, 4

quemadmodum horum delictorum iam evanuitpudor, postquam res latius evagata est, ita ingratos plures efficies et audaciores si numerare se coeperint.

Sarebbe pessima cosa, dice Seneca, dare la possibilita di perseguire l'ingratitudine per vie legali, poiché in questo modo si verrebbe a sapere quanto l'ingratitudine sia diffusa e gli ingrati perderebbero qualsiasi pudore, forti del loro grande numero. Audaciores e una congettura umanistica (forse di Erasmo) per il tradito auctores. Haase ha proposto avidi-ores, Gertz tutiores. Un'altra possibilita sarebbe incautiores.

De ben. 3, 19, 1

"servus autem non habet negandipotestatem; ita non praestat sedparet, nec id sefecisse iactat quod non facere non potuit".

Gli schiavi, argomenta l'interlocutore fittizio, non possono fare benefici ai loro padroni, poiché non hanno liberta di scelta. Id se fecisse e lezione della mano correttrice di N, mentre la prima mano aveva scritto id fecit. Partendo da quest'ultima lezione, si potrebbe scrivere nec id <quod> fecit iactat (la caduta di quod e molto facile da spiegare, perché la parola veniva per lo piu abbreviata con una sola lettera). In questo modo il quod che segue iactat introdurrebbe una frase causale.

De ben. 3, 29, 2

illud conceditur multos filios maiorespotentioresque extitisse quamparentes suos, aeque et illud, meliores fuisse. quod si constat, potest fieri ut meliora tribuerint, cum et fortuna illis maior esset et melior voluntas.

A volte i figli, argomenta Seneca, possono fare piu benefici ai genitori di quanti ne abbiano ricevuti. Mi crea problemi meliora tribuerint, perché da tutto il contesto risulta chiaro che Seneca vuole dimostrare che i figli possono dari ai genitori benefici maiora, non meliora, cfr. 3, 29, 1 (quaeritur enim an aliquando liberi maiora beneficia dare par-entibus suis possint); 3, 31, 5 (in ipso beneficio tuo maius quam quod dederas recepisti); 3, 32, 5 (Octavius maius beneficium deditfilio); 3, 32, 6 (cum quaeramus non quis filius patri maiora beneficia reddiderit quam a patre acceperat, sed an aliquis possit maiora reddere); 3, 33, 5 (disputabimus an maius aliquid iam dederit quam acceperat); 3, 35, 3 (maius ergo beneficium accipit pater); 3, 36, 2 (proposita est inter parentes ac liberos honesta contentio, dederint maiora an receperint). E probabile che Seneca abbia scritto potest fieri ut maiora tribuerint; la presenza di meliores e melior a breve distanza ha causato la corruzione in meliora.

De ben. 3, 31, 3

vis scire quam non sit magnum beneficium vitam sic dare? exposuisses: nempe iniuria erat genuisse.

Seneca vuol dire che la sola procreazione della prole non e un gran beneficio. Io credo che expusuisses abbia bisogno di un complemento oggetto; J. Müller ha proposto <deformem> ex.. Per la maggiore verisimiglianza paleografica io scriverei <extortum> exposuissem. Per exortus = deformis, cfr. Iuv. 8, 33 (si consideri in capitale P e T son simili, il che poteva facilitare la caduta di extortum).

De ben. 4, 10, 5

ad animum tendit aestimatio mea, ideo locupletem sed indignum praeteribo, pauperi viro bono dabo: erit enim in summa inopia gratus, cum omnia illi deerunt, supererit animus.

Non ognipauper e in summa inopia e la summa inopia sembra indicare una condizione estrema. Forse bisogna scrivere enim <et> in summa inopia, cfr. 4, 21, 6 (prodest et in eculeo, prodest et in igne).

De ben. 4, 18, 1

mutuis iuvamur officiis?

La clausola officiis e pessima (trocheo + coriambo); si legga officis, per avere una normale clausola ipodocmiaca.

De ben. 4, 18, 3

haec [scil. societas humana] morborum impetus arcuit, senectuti adminiculaprospexit, solacia contra dolores dedit, haec fortes nos facit quod licet contra fortunam advocare.

Crea difficolta la mancanza di un complemento oggetto per advocare: forse contra fortunam <eam> advocare?

De ben. 4, 23, 1

minoribus se spatiis flectens?

La clausola e in questo modo pessima (coriambo + spondeo), ma se scriviamo spatis, otteniamo un ottimo cretico + spondeo.

De ben. 4, 35, 1

quid enim, si quod illi pollicitus sum patria sibi dare iusserit? si lex lata erit, ne id quis-quam faciat, quod ego me amico meo facturumpromiseram?

Vengono qui discusse alcune delle situazioni in cui e legittimo non restituire il beneficio. Crea difficolta dare, che non ha soggetto. Gertz ha integrato patria <me> sibi; io suggerisco patria sibi dari, con cui otteniamo un'ottima clausola dicretica. Cfr. Epist. mor. 102, 22 (artam aetatem sibi dari non sinit); De ira 2, 31, 3 (ut licentiam sibi dari velit).

De ben. 5, 2, 4 — 3, 1

numquam enim succumbet, numquam renuntiabit, ad ultimum usque vitae diem stabit paratus et in hac statione morietur magna se accepisse prae se ferens, paria voluisse. 3, 1 Lacedaemonii vetant suos pancratio aut caestu decernere, ubi inferiorem ostendit victi confessio. Cursor cretam prior contigit: velocitate illum, non animo antecessit.

Credo bisogni fare due integrazioni. Innanzitutto, mi pare si debba integrare paria <reddere> voluisse ovvero p. <referre> voluisse, cfr. 5, 4, 1 (<si> scit debere, si vult referre). Inoltre, nell'ultimo periodo trascritto, illum presuppone che lo sconfitto sia gia stato nominate. La congettura cursor <hic> (Watt 2001, 232) e buona, ma si puo pensare anche a cursor <cursore> cretam (si ricordi il famoso Kepa^eüc; Kepa^eí Koxéet Kai téktovi téktwv di Hes. Op. et dies 25).

De ben. 5, 4, 2

nemo itaque beneficiis vincitur, quia tam gratus est quisque quam voluit.

Credo si debba integrare itaque <bonus> beneficiis, cfr. Benef. 5, 2, 4 (quod turpe existimas, id accidere viro bono non potest, ut vincatur); De vita bea. 19, 2 (neminem videri bonum).

De ben. 5, 10, 2-3

sic et quod datur sine altero non est, et beneficium sine altero non est. 3 idem ipso vo-cabulo adparet, in quo hoc continetur "bene fecisse".

Perché esista il beneficio, argomenta Seneca, occorrono due persone. Idem crea dif-ficolta, poiché ci aspetteremmo id: il Muretus ha proposto id ex ipso. Tuttavia apparere puo essere costruito anche con il semplice ablativo (cfr. TLL s. v. appareo, 264, 64 sgg.) e, considerato che em e abbreviazione per enim, Seneca potrebbe aver scritto id enim ipso v.

De ben. 5,14, 4

aes alienum habere dicitur et qui aureos debet et qui corium forma publica percussum, quale apud Lacedaemonios fuit, quod usum numeratae pecuniae praestat.

Gia Préchac ha notato che il passo pone un problema, poiché il tempo di praestat non si accorda con quello di fuit. Forse l'intera frase quod usum ... praestat e una glossa da espungere, poiché dal contesto si ricava senza alcun dubbio, anche senza la frase in ques-tione, che presso gli Spartani il corium forma publica percussum aveva la stessa funzione degli aurei presso i Romani.

De ben. 5, 25, 6

inest interim animis voluntas bona, sed torpet modo deliciis ac situ, modo officii insci-tia. hanc utilem facere debemus nec irati relinquere in vitio, sed ut magistri patienter ferre offensationes puerorum discentium memoriae labentis; quae quemadmodum saepe subiecto uno aut altero verbo ad contextum reddendae orationis adducta est, sic ad referendam gra-tiam admonitione revocanda est.

Bisogna far sí, argomenta Seneca, che nelle persone che hanno ricevuto un beneficio la voluntas bona si risvegli. Il soggetto di revocanda est e evidentemente voluntas bona. Io credo che bisogni integrare sic <ea> ad referendam, poiché nella correlazione quemadmodum ... sic, se ce cambio di soggetto, nella seconda frase esso viene espresso: cfr. Benef. 3, 22, 1; Epist. mor. 41, 5; ib. 86, 21; ib. 93, 7.

De ben. 6, 3, 1

egregie mihi videtur M. Antonius apud Rabirium poetam, cum fortunam suam tran-seuntem alio videat et sibi nihil relictum praeter ius mortis, id quoque, si cito occupaverit, exclamare: (Rabirius, fr. 2 Blänsdorf) "hoc habeo, quodcumque dedi".

Soggetto di occupaverit e evidentemente Antonio, il quale, se non e veloce a togliersi in qualche modo la vita, perdera anche l'arbitrium mortis suae. Credo si debba scrivere id quoque, <ni>si cito occupaverit.

De ben. 6, 9, 2

quosdam ne in ruinam domus suae occurrerent, inimicus vadimonio tenuit; ne in pi-ratarum manus pervenirent, quidam naufragio consecuti sunt: nec his tamen beneficium debemus, quia extra sensum officii casus est, nec inimico, cuius nos lis servavit dum vexat ac detinet.

Seneca ripete un concetto a lui carissimo, cioe che presupposto del beneficiun e che ci sia la volonta di concederlo. La pericope nec inimico... detinet si riferisce a quosdam ...tenuit e pare, di conseguenza, che nec his... casus est vada riferito a ne inpiratarum ... consecuti sunt. Se e cosí, mi pare che his vada corretto in huic (scil. naufragio).

De ben. 6, 14, 4

nec quam necessarium fuerit aestimo sine quo victurus non fui, sed quam ingratum quod non habuissem nisi emissem, in quo invehendo mercator non cogitavit quantum auxilii adlaturus esset mihi <sed> quantum lucri sibi.

Le cose acquistate, dice Seneca, non creano alcun legame di beneficio, sebbene esse siano indispensabili (necessarium). Invehendo e troppo specifico: certo il mercator puo invehere la merce che vende, ma qui Seneca sembra riferirsi a qualsiasi forma di vendita. Leggerei in quo vendendo: si consideri che in carolina invehendo e vendendo appaiono simillimi.

De ben. 6, 21, 2-3

praeterea multum interest utrum dicas 3 "Non potest hoc non facere", quia cogitur, an "Non potest nolle". Nam si necesse est illi facere, non debeo ipsi beneficium sed cogenti; si necesse est illi velle ob hoc, quia nihil habet melius quod velit, ipse se cogit: ita quod tamquam coacto non deberem tamquam cogenti debeo.

Seneca discute qui delle condizioni necessarie perché si possa parlare di beneficium. La posizione di quia cogitur e strana, poiché interrompe le due opzioni espresse dall'in-terlocutore fittizio. Trasponendo quia cogitur dopo illi facere otterremmo una costruzione analoga a si necesse est illi. quia nihil habet; la corruzione puo' essersi generata grazie al fatto che in entrambi i casi quia cogitur e preceduto da facere.

De ben. 6, 27, 1

"Simul — inquit — ut possim ferre illi opem precor". primum ut te in media parte voti tui occupem, iam ingratus es: nondum audio quid illi velis praestare, scio quid illum velis pati.

Al votum dell'interlocutore fittizio Seneca allude sia qui sia altrove (§ 3: votum tu istud vocas quod inter gratum et inimicum potest dividi) e sembra di capire che esso debba contenere una parte in cui l'interlocutore fittizio agura una sventura al suo benefattore, per poterlo aiutare e quindi ricambiare il beneficio. Il testo tràdito, tuttavia, non contiene questa parte del votum, poiché si parla solo di ferre illi opem. D'altra parte, nel testo tràdito anche simul risulta strano. Io credo si debba integrare qualcosa come "simul <ut ope indi-geat et> ut posse ferre illi opem precor".

De ben. 6, 37, 2

iНе можете найти то, что вам нужно? Попробуйте сервис подбора литературы.

non est istud exilium cuius neminem non magis quam damnatum pudet.

Questa frase a me sembra fuori contesto: Seneca sta dicendo che uomini grandi come Callistrato e Rutilio preferirono sopportare l'esilio che tornare in patria, se il ritorno in patria comportava danni per la patria stessa. Perché Seneca, a questo punto, doveva dire che non si trattava di un vero esilio, dal momento che Callistrato e Rutilio non ne prova-vano pudore? Io credo che la frase trascritta sia una glossa, nata dal luogo comune, dif-fusissimo nelle letterature classiche, secondo cui l'esilio non è un vero male per il saggio.

De ben. 7,1, 2

exercitationem ingenii inventa.

Cosí abbiamo una pessima clausola (coriambo + spondeo); scrivendo ingenî inventa otteniamo cretico + spondeo.

De ben. 7, 2, 5-6

cum in Oceano Onesicritus praemissus explorator erraret et bella in ignoto mari quae-reret, 6 non satis adparebat inopem esse qui extra naturae terminos arma proferret, qui se in profundum inexploratum et inmensum aviditate caeca prorsus inmitteret?

Seneca sta qui fustigando, come spesso gli Stoici, l'insaziabilità di Alessandro Magno. Prorsus è fiacco; forse pronus? Cfr. Benef. 4, 27, 1 (stultus omnia vitia habet, sed non in omnia natura pronus est); Nat. quaes. 4 a 2, 29 (in unam partem semper pronus et torrens).

De ben. 7, 16, 3

quid? tu tam imprudentes iudicas maiores nostros fuisse ut non intellegerent iniquis-simum esse eodem loco haberi eum qui pecuniam quam a creditore acceperat libidini aut aleae adsumpsit et eum qui incendio aut latrocinio aut aliquo casu tristiore aliena cum suis perdidit? nullam excusationem receperunt, ut homines scirent fidem utique praestandam: satius enim erat a paucis etiam iustam excusationem non accipi quam ab omnibus aliquam temptari.

Il ragionamento è chiaro: gli antichi hanno stabilito per legge che i debiti dovesse-ro essere comunque restituiti per evitare che qualcuno approfittasse di una legge trop-po blanda. Il collegamento fra nullam excusationem... e quanto precede è assai duro; io integrerei nullam <tamen> excusationem. Cfr. Clem. 1, 3, 3 (nullum tamen dementia ex

omnibus magis quam regem aut principem decet); Nat. quaest. 6, 20, 7 (nullam tamen illi placet causam). Si consideri che tamen veniva, fin dall'alto Medioevo, abbreviato tm, il che agevolava la sua caduta. Tuttavia, come mi fa osservare Kaster (per epistulas), le abbreviature di tamen sono caratteristiche dei centri scrittori insulari, dai quali non proviene N. Per questo motivo, secondo Kaster, sarebbe preferibile integrare <sed> nullam.

De ben. 7, 28, 2

ut excusem tibi imbecillitatem, imprimis vas fragile est memoria et rerum turbae non sufficit: necesse est quantum recipit emittat et antiquissima recentissimis obruat.

E davvero strano che Seneca dica che la memoria "lascia uscire quanto essa accoglie" (quantum recipit emittat): in questo modo sembra che la memoria perda tutto cio che contiene. Io penso che Seneca volesse dire che la memoria perde quanto essa non puo contenere. Bisognera dunque scrivere quantum <non> recipit: cfr. Epist. mor. 66, 47 (tormenta ... doloris accessionem non recipientia).

De ben. 7, 30, 1

saepe quod explicari pertinacia <potuit, violentia> trahentis abruptum est.

Nel cercare di ottenere che un nostro beneficio venga contraccambiato, argomenta Seneca, bisogna essere pazienti e tenaci, altrimenti si rischia di rovinare tutto (abruptum est). Potuit e supplemento umanistico, mentre violentia e di Haupt. Con maggiore verisi-miglianza paleografica, al posto di violentia si potrebbe integrare vi: per vi trahere cfr. Tac. Ann. 13, 57, 1; per vi rumpere cfr. Sen. Nat. quaest. 7, 5, 2; Sil. It. 12, 176.

De clem. 1, 4, 3

olim enim ita se induit rei publicae Caesar ut seduci alterum non posset sine utriusque pernicie: nam et illi viribus opus est et huic capite.

Dall'ultima frase sembra che Seneca veda come presenti gli effetti del legame fra Cesare e lo Stato: per questo motivo (visto anche che E e I in maiuscola si confondono facilmente) suggerisco di leggere possit.

De clem. 1, 11, 4

clementia ergo non tantum honestiores sed tutiores praestat ornamentumque imperio-rum est simul et certissima salus.

Stupisce l'assenza di un complemento oggetto per praestat, poiché da quanto precede esso non e ricavabile e, d'altra parte, Seneca non si riferisce all'umanita in generale, ma solo ai capi. Forse praestat <principes>?

De clem. 1, 12, 5

relinquat oportet securi aliquid metus multoque plus spei quam periculorum ostentet. alioqui, ubi quiescenti paria metuuntur, incurrere in pericula iuvat et <ut> aliena anima abuti.

Il supplemento <ut> (Haase) e giusto, ma bisogna, credo, scrivere et <sua ut> aliena, cfr. Epist. mor. 88, 30 (alieno sanguini tamquam suo parcit).

De clem. 1, 13, 2

non potest habere quisquam bonae ac fidae voluntatis ministros quibus in tormentis ut eculeo et ferramentis ad mortem paratis utitur, quibus non aliter quam bestiis homines obiectat.

Il tiranno usa i suoi ministri come strumenti di tortura; sembra che l'immagine sia generica e che non si riferisca ai soli tormenta. Forse in tormentis e una glossa di qualcuno che voleva ricordare che l' eculeus e i ferramenta erano strumenti di tortura?

De clem. 2, 2, 1

per omne imperii corpus.

Cosí abbiamo una pessima clausola, scrivendo impert otteniamo invece un ottimo cretico + spondeo.

De clem. 2, 5, 3

mutui auxilii cludit?

Anche qui scrivere auxilt comporta ottenere un ottimo cretico + spondeo al posto di una clausola sgradevole (coriambo + spondeo).

De clem. 2, 7, 1

hanc sapiens quare non debeat dare reddunt rationem diutius quibus hoc propositum est; ego, ut breviter, tamquam in alieno iudicio dicam.

Ut breviter non va: Madvig emenda ut in autem, che Mueck corregge in tum e Reeve espunge. Io lo emenderei in nunc, cfr. Epist. mor. 106, 11 (nunc ipse dicam mihi).

De clem. 2, 7, 2

aliquem verbis tantum admonebit, poena non adficiet aetatem eius emendabilem intuens; aliquem invidia criminis manifeste laborantem iubebit incolumem esse quia deceptus est.

Non capisco come Seneca possa dire che non verra punito colui che ha un'eta emend-abilis, poiché la poena serve proprio a emendare, cfr. Clem. 1, 22, 1 (ipsos facilius emenda-bis minore poena); De ira 1, 15, 3 (eo magis ad emendationem ira proficiat). Forse bisogna leggere eius <levius> emendabilem. Cfr. De ira 1, 19, 6 (nonnumquam magna scelera levius quam minora compescet).

Apocol. 4, 3

ultima vox eius haec inter homines audita est, cum maiorem sonitum emisisset illa parte qua facilius loquebatur.

Forse maiorem <solito> sonitum?

Apocol. 9, 5

"censeo uti divus Claudius ex hac die deus sit ita uti ante eum qui optimo iure factus sit, eamque rem ad Metamorphosis Ovidi adiciendam".

Dal momento che la res e quella che e stata appena detta, mi aspetterei hancque rem. Puo ben darsi che eam sia nato da assimilazione col precedente eum.

De prov. 1, 4-5

suo ista tempori reserventur, eo quidem magis quod tu non dubitas de providentia sed quereris. 5 in gratiam te reducam cum dis adversus optimos optimis.

Forse bisogna integrare <nunc> in gratiam, sicché sia chiara l'opposizione con suo tempori reserventur.

De prov. 4, 1

prosperae res et in plebem ac vilia ingenia deveniunt; at calamitates terroresque morta-lium sub iugum mittere proprium magni viri est.

E strano che Seneca affermi che le cose piacevoli giungono in plebem ac vilia ingenia, come se esse fossero le sole a giungervi. Probabilmente e caduto qualcosa come ingenia <innocua> deveniunt: Seneca voleva, io credo, dire che le cose piacevoli possono essere dominate anche dagli ingegni volgari, mentre solo i saggi sanno dominare le sventure.

De ira 1, 3, 4

impetus habent ferae, rabiem feritatem incursum, iram quidem non magis quam luxu-riam, et in quasdm voluptates intemperantiores homine sunt.

Mi pare si debba leggere et<si> in quasdam ("yet" traduce Stewart), poiché Seneca vuol dire che gli animali non posseggono l'ira, sebbene in certi piaceri siano piu sfrenati degli uomini.

De ira 1, 7, 1

numquid, quamvis non sit naturalis ira, adsumenda est, quia utilis saepe fuit? extollit animos et incitat, nec quicquam sine illa magnificum in bello fortitudo gerit, nisi hinc flam-ma subdita est et hic stimulus peragitavit misitque in pericula audaces.

Seneca discute qui il punto di vista dei suoi avversari, secondo i quali l'ira puo portare anche cose positive, come la grandezza d'animo e il coraggio. La presenza di hinc rende superfluo e ridondante sine illa, che potrebbe essere una glossa.

De ira 1, 13, 2

ergo et ira quo maior hoc melior; quis enim ullius boni accessionem recusaverit? atqui augeri illam inutile est; ergo et esse; non est bonum quod incremento malum fit.

Grazie all'incrementum l'ira non diviene un malum (essa lo e di per sé), ma un male maggiore. Per questo integrerei incremento <maius> malum fit. Per maius malum cfr. e. g. Epist. mor. 19, 11; ib. 68, 4.

De ira 2, 3, 4

hanc iram non voco, motum animi rationiparentem.

Integrerei voco, <immo> motum. Lopposizione non ... immo e frequente in Seneca, cfr. e. g. Epist. mor. 78, 22.

De ira 2, 34, 2

illud quoque occurrat, quantum nobis commendationis allatura sit clementiae fama, quam multos venia amicos utiles fecerit.

Credo si debba integrare multos <hostes> venia, cfr. infra § 4 (quos populus Romanus fideliores habet socios quam quos habuitpertinacissimos hostes?).

De ira 3, 13, 7

ex quibus utrumque discere licet, quantum mali habeat ira ubi hominum praepoten-tium potestate tota utitur, quantum sibi imperare possit ubi metu maiore compressa est.

L'ira, dice Seneca, se ha un freno e meno nociva. Al posto del debolissimo tota, leg-gerei tuta; cfr. infra 16, 2 (perierunt omnia ubi quantum ira suadetfortuna permittit). Lop-posizione tutus / metu plenus e assai frequente in Seneca, cfr. Phaedr. 146 (tutum esse facinus credis et vacuum metu).

De ira 3, 28, 3

adice nunc quod nihil tam imbecille natum est ut sine elidentis periculo pereat: inbecil-los valentissimis alias dolor, alias casus exaequat.

Seneca vuole dire che anche le persone in condizione disagiata possono nuocere a quelle piu potenti. Non si capisce cosa c'entri il dolor. Si legga dolus.

De ira 3, 36, 1-2

omnes sensusperducendi sunt ad firmitatem; naturapatientes sunt, si animus illos desit corrumpere, qui cotidie ad rationem reddendam vocandus est. faciebat hoc Sextius, ut con-summato die, cum se ad nocturnam quietem recepisset, interrogaret animum suum: "quod

hodie malum tuum sanasti? cui vitio obstitisti? qua parte melior es?". 2 desinet ira et mode-ratior erit quae sciet sibi cotidie ad iudicem esse veniendum.

Credo che si debba leggere desinet ira aut moderatior erit, poiché la cessazione dell'ira esclude che essa divenga piu mite: et e quindi del tutto inappropriato, mentre aut esprime bene l'alternativita delle due situazioni.

Cons. ad Marciam 9, 5

ille amisit liberos: et tu amittere potes; ille damnatus est; et tua innocentia sub ictu est.

Seneca sta qui elencando casi di persone che vengono colpite dalle sventure della vita. Credo si debba integrare qualcosa come ille <innocens> damnatus, poiché Seneca qui poteva avere in mente solo la condanna di innocenti.

Cons. ad Marciam 18, 8

"Delibera tecum et perpende quid velis: ut ad illa venias per illa exeundum est".

Siamo alla fine di un discorso fittizio di Seneca a un nascituro, a cui il filosofo prima espone le cose belle della vita, poi quelle brutte e la morte: per giungere alle prime, dice Seneca, e necessario attraversare le seconde. Sebbene gli editori accolgano illa ... illa, e evidente che il nesso crea difficolta e gia Erasmo aveva suggerito di correggere il secondo illa in ista. D'altra parte, pare si tratti di un errore da assimilazione dal precedente illa e, in casi del genere, il criterio paleografico nell'emendamento non e decisivo. Io scriverei per haec exeundum, restaurando la normale opposizione illa (le cose dette prima) — haec (le cose dette per ultime).

Cons. ad Marciam 25, 3

faeternarum rerum per libera et vasta spatia dimissif non illos interflua maria disclu-dunt nec altitudo montium aut inviae valles.

Si sta qui parlando della sorte delle anime dopo la morte: io credo che l'unica parola corrotta sia dimissi, poiché dimittere significa fare allontanare qualcuno a partire da un determinato punto e qui non e indicato alcun punto di partenza. Io leggerei spatia inmissi, cfr. Ilias Lat. 45-6 (pestemque per omens inmittit populos); Ps.-Quint. Decl. mai. 8, 16 (remedia quoque vitalibusper corpus inmittas). Anche la clausola e buona, cretico + spondeo. Il resto della frase mi pare sano: aeternae res sono i corpi celesti, di cui si parla al § 5.

De vita beata 5, 2

nihil interest inter hos et illa, quoniam illis nulla ratio est, his prava et malo suo atque in perversum sollers.

Fra gli uomini stolti (hos) e gli animali (illa), dice Seneca, non c'e differenza. Non capisco prava et malo. Credo si debba espungere et e intendere malo come ablativo di causa: come si ricava da un passo successivo (8, 5-6), in cui sono il malum e il pravum che rovinano la ratio.

De vita beata 8, 4

ferat vera. Ratio veraf sensibus inritata et capiens indeprincipia [...] in se revertatur.

Seneca sta qui parlando di come si raggiunge la vita beata e i congiuntivi esortativi si riferscono appunto a tale processo. Si sono proposti vari emendamenti per erat (quaer-at Koch, eat Madvig); paleograficamente sarebbe raccomandabile er<u>at, cfr. Oed. 827 (saepe eruentis veritas patuit malo). Si potrebbe suggerire: er<u>at vero ratio nostra [ratio nostra gia di Reitzenstein] sensibus.

De vita beata 10, 3

haec omnia virtus discutit et aurem pervellit et voluptates aestimat antequam admittat nec quasprobavit magnipendit futique enimf admittit nec usu earum sed temperantia laeta est.

La virtu elimina (discutit) i vizi e le volutta (haec omnia)5. Credo che abbiano ragione Reitzenstein e Courtney a salvare utique enim (cfr. Epist. mor. 85, 21; Nat. quaest. 2, 38, 4) e a supporre che dopo enim sia caduto un aggettivo da riferire a voluptates. Piuttosto che <ut supervacuas> (Reitzenstein) o <admodum paucas> (Courtney), io scriverei <remissas>, cfr. infra 12, 2 (sapientium remissae voluptates et modestae).

De vita beata 22, 5

mihi divitiae si effluxerint, nihil auferent nisi semet ipsas, tu stupebis et videberis tibi sine te relictus, si illae a te recesserint; apud me divitiae aliquem locum habent, apud te summum; adpostremum divitiae meae sunt, tu divitiarum es.

Credo si debba integrare divitiae meae <meae> sunt ("le mie ricchezze sono mie, tu sei delle ricchezze").

iНе можете найти то, что вам нужно? Попробуйте сервис подбора литературы.

De vita beata 28, 1

nonne nunc quoque, etiam si parum sentitis, turbo quidam animos vestros rotat et involvit fugientes petentesque eadem et nunc in sublime adlevatos nunc in infima adlisos cir * * *

Cosí si conclude ció che noi abbiamo del De vita beata. Alla fine bisognera integrare circumagit, cfr. Epist. mor. 83, 21 (velut aliquo turbine circumagente totam domum).

De tran. an. 9,5

paretur itaque librorum quantum satis sit, nihil in ornamentum.

Seneca esorta a non avere piu libri di quanti se ne possano studiare. Si integri quantum <studio> satis sit, cfr. supra § 5: non in studium sed in spectaculum comparaverant.

De tran. an. 11, 12

Iugurtham, quem populus Romanus intra annum quam timuerat spectavit.

5 Sulla pericope immediatamente precedente a quella trascritta cfr. Magnaldi (2020 b); della stessa autrice segnalo anche i contributi recentissimi (2020 a) e (2020 c), tutti su passi dei Dialogi.

Giugurta era stato già a Roma e la cosa meravigliosa non fu il semplice vederlo, ma vederlo prigioniero. Integrerei tim. <captivum> spectavit, cfr. Apul. Met. 7, 13 (latronum captivitatis spectator).

De tran. an. 17, 12

nisi intenta et adsidua cura circuit animum labentem.

È questa l'ultima fra del De tranq. an., in cui Seneca precisa a Sereno che Y animus deve essere sempre oggetto della nostra cura, altrimenti esso perderá la tranquillità. Il nes-so animus labitur si incontra anche in Ps.-Quint. Decl. mai. 14, 8. Tuttavia, Seneca altrove usa animus labat, cfr. Epist. mor. 114, 22; ib. 117, 21. Cfr. anche Verg. Aen. 4, 22; Liv. 40, 54, 7. Considerando anche che il testo tràdito non offre una clausola soddisfacente, mentre animum labantem è un'ottima clausola trocaica e che gli altri Dialogi si chiudono per lo più con buone clausole, correggerei labentem in labantem.

De brev. vitae 3, 5

non pudet te reliquias vitae tibi reservare et id solum tempus bonae menti destinare quod in nullam rem conferri possit?

Seneca polemizza qui contro coloro che destinano solo la vecchiaia a occupazioni degne e opportune. Integrerei nullam <aliam> rem, cfr. De ira 1, 11, 4 (ob nullam aliam rem opportunos); Epist. mor. 55, 3 (nulla alia re quam otio notus).

De brev. vitae 4, 6

itaque otium optabat [scil. Augustus], in huius spe et cogitatione labores eius residebant, hoc votum erat eius qui voti compotes facere poterat.

Forse qui compotes <omnes> facere? Mi pare infatti necessario esplicitare che Augusto poteva esaudire i desideri di tutti.

Cons. ad Polybium 15, 3

tamen tot tantosque luctus cepit rerum omnium capacissimum eius pectus victorque divus Augustus non gentium tantummodo externarum sed etiam dolorum fuit.

Augusto, nella sua immensa grandezza, riusci a dominare non solo il mondo esterno, ma anche le avversità e i dolori. Forse etiam <domesticorum> dolorum? Cfr. Apocol. 10, 3 (non vacat deflerepublicas clades intuenti domestica mala). Per domesticus dolor cfr. Cic. Philip. 5, 51; Ad famil. 5, 1, 2.

Cons. ad Polybium 17, 4

C. Caesar amissa sorore Drusilla [...] iusta sorori nonpraestitit, sed in Albano suo tes-seris ac foro fet pervocatis etf huiusmodi aliis occupationibus acerbissimi funeris elevabat mala.

Si sono proposte varie soluzioni per pervocatis; forse sotto la corruttela si cela una forma del verbo avocare, "distrarre, divertire", cfr. infra § 6: luctum suum aut intempestivis

avocare lusibus. Una soluzione potrebbe essere foro et per iocos avocantibus se huiusmodi (per se avocare, cfr. TLL s. v. avoco 1470, 6 sgg., Ihm6).

Cons. ad Helviam matrem 6, 8

i nunc et humanum animum, ex isdem quibus divina constant seminibus compositum, moleste ferre transitum et migrationem puta, cum dei natura adsidua et citatissima commu-tatione vel delectet se vel conservet.

Credo si debba integrare commutatione <sedis> vel ovvero c. <loci> v., cfr. nel nostro stesso opuscolo 7, 6 (inritationem animis commutandi sedes); 10, 1 (mutavit loci mutatio); 13, 1 (commutatio loci tolerabilis est).

Cons. ad Helviam matrem 10, 3

undique convehunt omnia nota fastidienti gulae; quod dissolutus deliciis stomachus vix admittit ab ultimo portatur oceano; vomunt ut edant, edunt ut vomant, et epulas quas toto orbe conquirunt nec concoquere dignantur. ista si quis despicit, quid illi paupertas nocet? si quis concupiscit, illi paupertas etiam prodest; invitus enim sanatur et, si remedia ne coactus quidem recipit, interim certe, dum non potest, illa nolenti similis est.

Per chi non desidera le ricchezze, dice Seneca, la povertà non è un problema, per chi le desidera essa è addirituttura una cura, poiché, mentre non le posside, si trova nella po-sizione di chi non le vuole. Crea problemi dum non potest, illa nolenti similis est: Madvig corregge illa in velle (che lega a potest). Io credo che sia più semplice correggere potest in potitur.

Querolus7 26

LAR.: fallis turpiter.

Il Lare risponde cosi alle moleste lamentele di Querolo, che aveva detto di essere il più sfortunato fra tutti i suoi amici. Non c'è dubbio che il significato richiesto sia "tu te trompe lourdement" (Jacquemard-Le Saos). Non credo sia possibile mantenere l'attivo e credo si debba scrivere fall<er>is, cfr. l'uso corretto delle forme passive ai §§ 69 (qui falli sese non vult neque decipi); 70 (falli se prorsus non vult); 93 (ut cupiditas sic falleretur hominis falla-cissimi). Al § 50 fallat è usato correttamente come attivo.

Querolus 29

tantum illud memento: ne putes posse te aliquid deplorare atque excipere, unde aliquid legeris.

Con queste parole il Lare cerca di frenare i lamenti di Querolo. "Mais reppelle-toi: tu ne pourras rien regretter ni retrancher de ce que tu auras choisi", traduce la Jacque-

6 Cfr. anche Zago 2020, 171.

7 Un'edizione soddisfacente del Querolus non esiste (cfr. Jakobi 2001). La Jacquemard-Le Saos (1994) e la prima editrice a poter approfittare dell'importante scoperta dello Hamburgensis (Reeve 1976), ma l'editrice ha scarso senso critico e bisogna consultare sempre anche le edizioni di Peiper (1875), Havet (1880), Herrmann (1938) e Ranstrand (1952). Per la metrica cfr. Cavallin 1951, 147-151.

mard-Le Saos. Credo che il secondo aliquid vada espunto, in quanto geminazione del primo8: il significato atteso è, infatti, che una volta che si è scelto qualcosa, tale cosa va tenuta per intero, mentre il testo riferisce legeris non alla cosa scelta, ma a quella dalla quale la cosa scelta è stata selezionata.

Querolus 31

LAR.: rem prorsus facilem nunc petisti. istud etiamsi non possumus, possumus.

Cosi risponde il Lare alla richiesta di Querolo di ricevere l'onore di cui godono i togati. La frase trascritta non ha senso; forse bisogna integrare non <omnia> possumus e fare di istud il complemento oggetto del secondo possumus?

Querolus 88

SARD.: fores celeriter vide. QUER. : quam ob rem? SARD.: ut domum rursus ingrediar meam.

Non capisco vide; Sardanapalo vuole che la porte venga aperta, come è ben chiaro dal contesto. Ranstrand propone pandes, Herrmann mi des (per me incomprensibile). Io credo si debba leggere reclude; per l'imperativo cfr. poche linee sotto: aperite hanc ianuam. È vero che scrivendo reclude abbiamo una clausola trocaica, mentre il nostro preferisce clausole cretiche9, ma si tratta solo di una tendenza, senza alcun valore di regola.

Querolus 113

quod si parasitus, quamvis tractatus incommode, tamen de malis suis intestatus oc-ciderit, unde auctor non egerit, heres agere non potuerit.

Siamo qui all'interno della Lex convivalis. La pericope unde auctor non egerit ci è stata restitutita per la prima volta dallo Hamburgensis, sicché essa compare solo nell'edizione della Jacquemard-Le Saos, la quale cosi traduce il passo: "Mais si le parasite, bien qu'il ait subi de mauvais traitements, décède sans avoir cependant pris de témoins au sujet des sévices subi, faute de cette initiative, son héritier sera débouté." In questo modo unde ha valore causale ("per il fatto che"). Io credo, tuttavia, che qui siamo davanti a un uso tardo e rarissimo di unde, in cui il termine assume il significato di qua de re: cfr. TLL s. v. ago 1393, 62 (Hey) e Aug. De civ. Dei 4, 23 (p. 173 Domart-Kalb-Divjak). Il passo andrebbe dunque tradotto: "E se un parassita, sebbene abbia subito maltrattamenti, muore senza aver dato disposizioni testamentarie circa tali maltrattamenti, delle cose della quali non ha trattato l'autore del testamento, non potranno essere fatte valere dall'erede".

Bibliografia

Cavallin S. Bemerkungen zu Querolus, Eranos 1951, 49, 137-158. Havet L. (ed.) Le Querolus, comédie latine anonyme Paris, F. Vieweg, 1880. Herrmann L. (ed.) Querolus. Le grognon, Bruxelles, Demarez, 1937.

Hosius C. (ed.) L. Annaeus Seneca: De beneficiis libri VII, De clementia libri II, Lipsiae, Teubner, 21914. Jacquemard-Le Saos C. (ed.) Querolus (Aulularia). Le grincheux, Paris, Les Belles Lettres, 1994.

8 Nell'edizione di Herrmann si legge excipere aliquid unde legeris, ma nulla si dice in apparato.

9 Cfr. Cavallin 1951, 147-151.

Jakobi R. recensione di Jacquemard-Le Saos (1994), Gnomon 2001, 73, 402-407. Kaster R. sub prelis: Studies on the text of Seneca's 'De beneficiis', Oxford, OUR Magnaldi G. (2020 a) Rarole-segnale e sigla nel De ira di Seneca, Rationes rerum 2020, 16, 243-249. Magnaldi G. (2020 b) Opportunity e rischi della parola-segnale nel De vita beata di Seneca, Lexis 2020. 38, 244-249.

Magnaldi G. (2020 c): Integrazioni 'a distanza' nei Dialogi senecani De brevitate vitae e De tranquillitate

animi, Mater. e disc. per l'an. dei testi classici 84, 211-217. Malaspina E. (ed.) L. Annaeus Seneca: De clementia, Berolini et Bostoniae, Teubner, 2016. Mazzoli G.: Ricerche sulla tradizione medioevale del De beneficiis e del De clementia di Seneca, Bollettino dei

Classici, 1978 n. s. 26, 85-109; 1982 s. III 3, 165-223. Reiper R. (ed.) Aulularia sive Querolus, Theodosiani aevi comoedia Rutilio dedicata, Lipsiae, Teubner, 1875. Rrechac F. (ed.) Seneque: Des bienfaits, Paris, Les Belles Lettres, 1926. Ranstrand G. Querolus sive Aulularia, Göteborg, Wettergren u. Kerber, 1952. Reeve M. D.: Tricipitinus's son, Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik 1976, 22, 21-32. Reynolds L. D. (ed.) L. Annaeus Seneca: Dialogorum libri duodecim, Oxonii, ORU, 1976. Roncali R. L. Annaeus Seneca: AnoKoXoKvvrwaiq, Leipzig, Teubner, 1990. Stewart A. (transl.) L. Annaeus Seneca: On benefits, London, George Bell and sons, 1887. Stewart A. (transl.) L. Annaeus Seneca: Minor dialogues together with the dialogue On clemency, London,

George Bell and sons, 1889. Watt W. S. Notes on Seneca's philosophical works, Rheinisches Museum für Philologie 2001, n. F. 144, 231-233.

G. Zago (ed.) Phaedrus: Fabulae Aesopiae, Berolini et Bostoniae, De Gruyter, 2020.

Coniectanea (IV)

Carlo M. Lucarini

Universita di Palermo, Viale delle Scienze 15, 90128, Italia; carlo.lucarini@unipa.it

For citation: Carlo M. Lucarini. Coniectanea (IV). Philologia Classica 2021, 16 (2), 370-387. https://doi.org/10.21638/spbu20.2021.215 (In Italian)

The aim of this article is to cast new light on the textual constitution of some passages of Seneca's De beneficiis, De clementia, Apolocyntosis, Dialogi and on the text of the anonymous comedy Querolus sive Aulularia. A new edition of De beneficiis, De clementia and Apocolocyn-tosis for the Scriptorum classicorum bibliotheca Oxoniensis will be published by R. Kaster, and the author of the article had the occasion of reading a proof of it. In this work, approximately 70 of Seneca's passages and 5 of the Querolus are discussed, for the majority of which a new conjecture is proposed (the author's knowledge of the readings of the manuscripts is based only on the reports of the editions). For instance: De ben. 2, 28, 3 instead offert read fer<a>t; De ben. 5, 4, 2 add itaque <bonus>; De ben. 6, 3, 1 read <ni>si cito; De ben. 6, 37, 2 non est... pudet should be deleted; De ben. 7, 2, 6 instead ofprorsus readpronus; De clem. 2, 7, 2 add eius <levius>; Apocol. 4, 3 add <solito> sonum; De ira 3, 28, 3 instead of dolor read dolus; De ira 3, 13, 7 instead of tota read tuta. Cons. ad Helviam matrem 10, 3 instead of potest read potitur. Querolus 26 read fall<er>is.

Keywords: Seneca, Querolus sive Aulularia, ancient philosophy, comedy, textual criticism, conjectures.

Received: June 11, 2021 Accepted: September 29, 2021

i Надоели баннеры? Вы всегда можете отключить рекламу.