DOI: 10.30842/ielcp230690152604
V. Bava, A. Vanacore
Universita degli Studi Suor Orsola Benincasa, Napoli, Italia [email protected]; [email protected]
SULLE TRACCE DI ZEUSI: PLINIO IL VECCHIO E GLI ALTRI AUTORI
This article aims at collecting all the literary testimonia about the very well established painter Zeuxis. His chronology is discussed as well as his style, as far as it is possible to argue from the literary tradition. Echoes of his oeuvre are also retrieved, although no faithful copies survive. Thus, this article offers a useful synthesis of the status quaestionis
Key words: Zeuxis, Parrhasios, Herakleia, Centaurs, Helen.
В. Бава, A. Ванакоре
Ун-т Суор Орсола Бенинказа, Неаполь, Италия [email protected]; [email protected]
По следам Зевксиса: Плиний Старший и другие авторы
В статье анализируются сообщения античных авторов (Naturalis historia Плиния Старшего и др.), содержащие некоторые сведения о знаменитом древнегреческом художнике Зевксисе из Гераклеи (420380 гг. до н. э.). Сопоставление этих данных позволяет авторам предложить реконструкцию биографии художника, уточнить время его деятельности и характерные черты его стиля. Подлинные работы Зевксиса не дошли до нашего времени, при этом оказывается возможным проследить следы его влияния на творчество других живописцев.
Ключевые слова: Зевксис, Паррасий, Гераклея, кентавры, Елена.
La ricostruzione biografica e l'analisi dell'attivita artistica del pittore Zeusi, prendono le mosse dallo studio delle fonti letterarie ad hoc. Nel dettaglio, la ricerca ha individuato nell'opera latina Naturalis historia di Plinio il Vecchio, una sorta di guida alla quale poi sommare le altre numerose testimonianze giunte sino a noi.
Nel XXXV libro Plinio, passa in rassegna la storia della nascita dell'arte pittorica ove tra le altre cose gli preme elencare i nomi di noti pittori greci, ammettendone grandezza e qualita; tra questi, subito dopo aver menzionato Apollodoro, cita Zeusi che secondo il naturalista: «[...] porto a grande fama l'arte del pennello»1. Tale contribute, appare alquanto possibile se si confrontano le numerose
1 Plin., Nat. hist., XXXV, 61: DNO II, no. 1710.
testimonianze di epoca antica e moderna, nelle quali Zeusi compare nel ruolo di maestro d'arte tanto che ancora L. B. Alberti, figura di spicco nel Rinascimento italiano, nella sua opera De Pictura accanto alla figura di Giotto posiziona Zeusi e Apelle2.
Tenendo fede alle parole del naturalista, la patria di Zeusi sarebbe da collocarsi a Eraclea, senza alcuna precisazione di quale cittá si tratti; molti a tal proposito sono propensi nel considerare piú plausibile Eraclea sul Ponto3, altri Eraclea in Magna Grecia o ancora Eraclea Lucana4.
Paolo Moreno ritiene essere piú opportuno Eraclea sul Ponto, poiché la fondazione siciliana risale a partire dal 432 a. C. e quindi Zeusi avrebbe dovuto esservi stato prima dell'arrivo dei Greci5. Tuttavia, la soluzione proposta da Moreno intorno alla patria non e l'unica probabile se si tengono in considerazione tutte le possibili interpretazioni a riguardo.
Quest'ultime si infittiscono quando ancora Plinio nel rammentare Zeusi, riferisce che lo stesso fu discepolo probabilmente di Demofilo di Imera o di Neseo di Taso, facendo riemergere nuovamente la possibile origine di Zeusi dall'ambito siceliota o egeo6. I dati poc'anzi analizzati escludono invece Eraclea Lucana a causa di una diversa terminologia utilizzata7.
La medesima difficoltá nel ricostruire le origini del pittore greco, si riscontra prontamente per la cronologia pertinente alla fioritura artistica dello stesso. Affidandoci nuovamente alle parole di Plinio, la sua emancipazione professionale andrebbe vista nel quarto anno della 95a Olimpiade, ossia nel 397 a. C.8 Lo stesso autore pero informa che altri, da cui lui si discosta, lo vedrebbero attivo nella 89a Olimpiade (424-421 a. C.)9. Quintiliano per la fioritura del pittore attesta l'etá intorno agli anni della guerra peloponnesiaca, piú
2 Cfr. Alberti 1453: 74-75.
3 Plato., Georg 453c: DNO II, no. 1714; Aelius Aristides, 28, 89: DNO II, no. 1719; Xenoph., Conv. 4, 63: DNO II, no. 1723.
4 Cfr. Dati 1821: 33-36
5 Cfr. Moreno 1966: 1265-1267.
6 Sull'intera vicenda cfr. Gallo 1861.
7 Gli abitanti di Eraclea Lucana erano detti Hpaxkeioi, mentre Zeusi era detto ^Hpajkemxnq.
8 Plin., Nat. hist, XXXV, 61: DNO II, no. 1710.
9 Quest'ultima data, basando il pensiero sulle parole scritte dall'autore latino, non potrebbe essere considerata idonea per la contemporanea attivitá artistica dei maestri di Zeusi.
precisamente nella 93a Olimpiade10. Ancora, sotto il nome di Zeusippo Platone lo ricorda ancora giovane ma già esperto nella sua arte intorno al sec. 434-429 a. C11, mentre negli Acarnesi, opera teatrale di Aristofane, lo si vede attivo nel 426-425 a. C12.
Se una cronologia esatta sembra non di facile interpretazione, alcuni dati indiretti potrebbero far luce su alcune lacune ancore irrisolte. Stando alle fonti analizzate, contemporanei e rivali di Zeusi possono essere ritenuti Timante, Androcide, Eupompo, Parrasio13. Androcide, ad esempio, risulta particolarmente attivo artisticamente intorno alla fine del V secolo e nei primi decenni del IV, dunque coevo all'ultimo periodo di attività di Zeusi14. Le rivalità predette hanno un fondamento se non storico almeno plausibile poiché lo stesso Androcide prediligeva, al contrario di Zeusi, soggetti natura-listici15. Inoltre, un comune denominatore cronologico estrapolato dagli scritti antichi sembra essere la pungente rivalità che Zeusi ha nei confronti di Parrasio16, seppure questi fosse più giovane «[...]post Zeuxis atque Parrhasius non multum aetate distantes»17. Tra le altre informazioni utili al fine di ricostruire unacronologia pressoché corretta, si conosce che Zeusi dipinse il famoso palazzo del re Archelao in Macedonia intorno al 413-399 a. C.18 e Isocrate lo cita già morto nel 39419.
Deducibili sono le incongruenze forniteci dalle notizie dei diversi autori, queste si intrecciano e di consueto si contraddicono. È chiaro che non è possibile documentare con precisione scientifica la data di maggiore creatività della carriera del pittore ma risulta comunque evidente che l'attività di Zeusi non puó essere attestata dopo l'inizio del IV secolo a. C. Dunque, le due date riportate da
10 Quint., lib., XII. c. 12, 10, 4-5: DNO II, no. 1753.
11 Plato. Prot., 318 b. c: DNO, II, no. 1713.
12 Aristoph., Acharn., 991-992: DNO II, no. 1725.
13 Plin.,Nat. hist. XXXV, 64: DNO II, no. 1712, 1736, 1748; Isocr, 15, 2: DNO II, no. 1715; Luc. Im., 3: DNO II, no. 1771.
14 Cfr. Moreno 1987: 97-99.
15 Plato., Symp., IV. 2, 66.5d.
16 Sulla rivalita tra Zeusi e Parrasio cfr. Moreno 1966: 1266; Charbonneaux et alii 1969: 266; O'Donnell 2014: 143-158; Pollitt 2014: 288-289.
17 Quint., lib, XII. c. 10: DNO II, no. 1753.
18 Aelian. Var. hist., 14, 47: DNO II, no. 1740.
19 Isocr., Antid., 2: DNO II, no. 1715. Sui dipinti di Macedonia cfr. Miller 2014: 170-237.
Plinio 424-421 e 397 a. C. potrebbero risultare i momenti salienti della carriera di Zeusi.
1.1 La concezione artística di Zeusi e le opere
Stabilité per linee generali le origini e il periodo di attività artística, l'attenzione verrà riposta nelle opere attribuite a Zeusi delineando, in questo modo, lo stile, la tecnica esecutiva e le idee che hanno reso famoso il pittore.
Nelle pagine precedenti si è accennato ai possibili maestri, da cui Zeusi avrebbe appreso l'arte del dipingere «[...] rubata l'arte ai suoi maestri, se l'era portata con sé»20; i due Demofilo e Neseo, fanno rispettivamente parte di due scuole artistiche: il primo maggiormente interessato allo studio e alla ricerca della simmetria, il secondo alle mescolanze cromatiche e alle ricchezze tonali dei colori. Da bravo discepolo, Zeusi molto probabilmente apprese gli insegnamenti per costituire un suo stile individuale. Interessanti sono le parole di Plinio,il quale ricorda a proposito del modus operandi di Zeusi che «[...] gli si rimprovera tuttavia di aver fatto troppo grandi le teste e le articolazioni»21. L'affermazione dell'autore latino non appare una critica fine a se stessa ma sembra ricalcare le critiche dei trattatisti del primo ellenismo, considerato che i nuovi artisti si prodigavano al superamento del canone dello stile precedente. Secondo Quintiliano22, le immagini dipinte da Zeusi traevano la loro più profonda ispirazione da Omero23, ove le figure maschili erano più grandiose e le femminili più piacenti; la suddetta tecnica aveva l'intento, secondo l'autore, di superare la mimesis per suggellare altresi nello spettatore una concezione edonistica dell'ars, finalizzata non esclusivamente alla rappresentazione del vero. Lo stesso Quintiliano considera Zeusi l'inventor del chiaroscuro, introducendo la tecnica esecutiva che equilibra il rapporto tra luce e ombre, di fondamentale importanza per la resa pittorica24. La predi-lezione per le figure umane, il naturalismo psicologico, l'attenzione
20 Plin., Nat., hist. XXXV, 62: DNO II, no. 1710, 1728.
21 Plin., Nat., hist. XXXV, 64, DNO II, no. 1736.
22Quint., lib., XII. 10. 4-5, DNO II, no. 1753.
23 Profondamente radicato nella cultura antica e moderna il rapporto stringente tra pittura e poesia.
24 Altri attribuiscono la tecnica del chiaroscuro a Apollonio di Atene cfr. Settis 2008, v.60, n. 1: 201-204.
per i volumi, la capacità di intendere spazi e colori «[...] la perfetta fusione dei colori ed il loro opportuno sovrapporsi, e lo stendere le ombre secondo la necessità e la grandiosità»25, il superamento della mimesis e l'esaltazione armonica dei sentimenti umani interpretati da soggetti mitologici «[...] rivelano in Zeusi il primo interprete del mondo intellettuale dei sofisti ed il primo pittore dell'antichità che appare teso alla realizzazione di un programma d'arte individuale»26. Le parole di Moreno spiegano sinteticamente quanto questo autore sia stato nel mondo anticouno dei più grandi interpreti del suo tempo, capace di rivoluzione la concezione stessa del pittore, apportando alla figura di quest'ultimo grande dignità27. Tuttavia non è esclusivamente il modo di dipingere che colpi particolarmente di Zeusi ma anche e soprattutto il valore che la pittura rappresentava per questi; non un'arte da barattare al primo mercenario tutt'al più da regalare «[...] in seguito cominció a regalare le sue opere poiché diceva che non potevano essere pagate con nessun prezzo abbastanza degno»28.
Secondo quanto riportato dalle fonti, Zeusi prediligeva dipingere su cavalletto29, ulteriore dimostrazione della suaspiccata personalità e capacità artistica, la cui specializzazione differiva di certo dalla realizzazione di ripetuti cicli pittorici.
Tra le opere di più antica cronologia, Aristofane nel 426-425 secolo a. C. rammenta l'esistenza di un «Eros giovanissimo e coronato di rose»30 attribuito al pittore e collocato, secondo le parole del commediografo, nel tempio di Afrodite ad Atene. Oltre a qualche altro riferimento letterario, in realtà neppure fin troppo certo, non vi sono altre informazioni circa l'opera, di fatto neppure Plinio sembra farne menzione; alcuni hanno voluto intravvedere echi dell'Eros di Zeusi nella ceramica attica di Meidias, ceramista del V secolo a. C.31, che prediligeva, nella composizione della sua arte, farsi ispirare da scene estratte dai miti più conosciuti di
25 Luc., Zeux, 4: DNO II, no. 1729.
26 Cfr. Moreno 1966: 1265-1267.
27 La figura del pittore in Grecia vive di uno status sociale di maggiore prestigio rispetto al pictor di epoca imperiale a Roma cfr. Grimaldi 2016: 18-55.
28 Plin., Nat., hist. XXXV, 62, DNO II, no. 1710, 1728.
29 Cfr. Moreno 1966: 1267.
30Aristoph., Acharn, 991-992, DNO II, no. 1725.
31 Sulla biografía e il lavoro di Meidias cfr. Burn 1987: 1-14.
22 3>3> 34
Afrodite , Eros e Dioniso o miti rari, come quello della nascita di Erittonio35. Alcuni esempi attribuiti al ceramista classico sono pervenuti fino a noi e presentano profili allungati e forme arrotondate con particolare attenzione alle decorazioni degli abiti, alle capigliature, ai particolari dei gioielli, quest'ultimi evidenziati dalla doratura e dalla policromia36. La comparazione dei capolavori potrebbe essere plausibile tenendo conto del contesto storico e dell'epoca, tuttavia il mancato ritrovamento delle opere zeusiane rende fin troppo azzardato qualsivoglia confronto37.
Ascrivibile al periodo iniziale dell'attivitá artistica del pittore, si configura una tra le prime opere citate da Plinio: «[...] fece anche una Penelope nella quale sembra averne dipinto le qualitá interiori»38 cosa invece che non sembra riconoscergli Aristotele39. Le qualitá interiori di Penelope40 sono quelle della moglie fedele che attende il marito, interpretazioni operate soprattutto dal teatro, ove in risalto compare la modestia piuttosto che la bellezza della donna. Il soggetto raffigurato e noto nella tradizione pittorica di Polignoto41, nella ceramica e scultura della metá del V sec. a. C42.
Le pitture di Zeusi divennero ad Atene cosi note giá nel primo periodo tanto che alcune espressioni caratteristiche del gergo parlato introducono le immagini dell'artista; un esempio e l'affermazione nota da Luciano che per deridere l'aspetto di un filosofo paragona la figura di questi con i quadri di venti dipinti da Zeusi43. I suddetti quadri non vengono menzionati da Plinio tuttavia stando alle parole
32 Sulle rappresentazioni di Dioniso attribuite cfr. Burn 1987: 26-40, 51, 73-74.
33 Sulle rappresentazioni di Eros attribuite a Meidias cfr. Burn 1987: 26-32; 73-74.
34 Sulle rappresentazioni di Dioniso attribuite a Meidias cfr. Burn 1987: 53, 76-80, 86.
35 Sul pittore Meidias cfr. Nicole 1908; Ducati 1909: 95 ss.; Hahland 1930; Paribeni 1961: Giuliano 1998: 352-353.
36 Tra le opere famose attribuite a Meidias vi e l'hydria di Meidias conservata al British Museum di Londra. Su questo pezzo cfr. Kalkanis, 2013: 2-36.
37 Cfr. Burn 1987: 8-10.
38 Plin., Nat., hist., XXXV, 63, DNOII, no. 1724.
39 Arist., Poet., c. 6, DNO II, no. 1751.
40 Cfr. O'Donnell 2014: 160-161.
41 Cfr. Giuliano1987: 783-787, con bibliografía precedente.
42 Cfr. Moreno 1987: 81-82.
43 Luc., Timon, 54: DNO II, no. 1730.
di Luciano, dovevano essere molto famosi tanto da poterli "usare" come strumento di scherno grossolano.
Luciano rappresenta, in questo senso, una fondamentale testi-monianza per la ricostruzione di ulteriori dati su Zeusi. Egli, infatti, non si limita a rammentare i predetti, dona di fatto altre interessanti descrizioni. Tra queste di eccezionale pregio artístico e la Famiglia dei centauri44 che l'autore greco attribuisce al pittore e che lui stesso pote' ammirare solo da una copia45. Lo spettatore della copia riferisce che si tratta di un'opera alquanto ardita, non comune, diversa e strana rispetto alla tradizione. Di stupefacente modernitá, l'opera artistica descrive con sensibilitá una famiglia di centauri; questi non sono rappresentati come esseri aggressivi e incivili, come di consueto, ma raccolti e ben distinti per la prima volta per genere46. La famiglia mitologica coglie in pieno i tratti di nucleo familiare "umano", tralasciando l'aspetto selvaggio delle figure47. In particolare, Luciano, e colto da ammirazione per la centaura-mamma che stesa su un prato allatta i figli, uno disposto in posizione umana, l'altro come un piccolo puledro. Per la resa dei piccoli, inoltre, l'artista utilizza gli stessi colori e le stesse sfumature cromatiche della madre seppure uno di questi ricordi nelle sembianze il padre. Quest'ultimo centauro viene raffigurato ridente e con un leoncino tra le mani mentre un quinto centauro si intravede nella scena passare. La suggestiva rappresentazione oltrepassa le barriere della normalitá, del consueto secondo le tipiche caratteris-tiche della tradizione antica. La rivoluzione compiuta da Zeusi per i soggetti mitologici sembra ben corrispondere alla cultura ateniese del V-IV sec. a. C. Analizzando approfonditamente le opere teatrali del periodo classico svolte ad Atene, si nota una profonda rivalutazione del modello centauresco, visto non piú esclusivamente come soggetto primitivo-malvagio ma si accosta ad esso una sagace reinterpretazione della natura selvaggia, in chiave positiva e felice48.Luciano riconosce al pittore grande industria tecnica e genio nella predisposizione del rinnovato tema. Riscontri con l'opera di Zeusi si sono voluti vedere in un mosaico rinvenuto nella Villa
44 Luc., Zeux, 3-8: DNO II, no. 1729; cfr. Charbonneaux et alii 1969: 278.
45 Il quadro asportato da Silla nel saccheggio dell'89 a.C. ando perduto in un naufragio al Capo Maleo.
46 Per un approfondimento sul tema mitologico cfr. Borges, Guerriero 1979.
47 Cfr. Pollitt 2014: 292-293.
48 Cfr. Turato 1979: 94-97.
Adriana a Tivoli49 (fig. 1) e in un fregio dipinto50 del tumulo di Kasta nei pressi di Anfipoli51 (fig. 2 ).
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Fig. 1. Il centauro che lotta con le belve di Villa Adriana.
Fig. 2. Fregio dipinto del tumulo di Kasta, Anfipoli (da Corso 2015).
49 Sul Mosaico Il centauro che lotta con le belve di Villa Adriana cfr. Albizzatti 1937. Altri confronti sono stati intravvisti in frammento di ceramica italiota e in un cammeo. Cfr. Kraiker 1950: 31.
50 All'interno del tumulo di Kasta nella stanza 3 e stato rinvenuto un fregio dipinto. L'apparato iconografico mostra due centauri che versano del vino ad un toro situato tra i due. Ad ambedue i lati dei centauri ci sono vasi che contenevano dei liquidi, probabilmente vino, offerti al toro. La presenza dei centauri come motivo iconografico in Macedonia sembra pertinente con il contesto in cui l'attivitá artística di Zeusi si e sviluppata. Pertanto e possibile intravedere influssi zeusiani a Kasta (cfr. Corso 2015: 214-222).
1 Per approfondimenti su questa struttura cfr. Corso 2015: 193-222.
Fig. 3. Il gruppo oplontino (foto autori).
Di piú difficile attribuzione sembra essere il gruppo scultoreo oplontino rinvenuto nel 1970 (fig. 3), raffigurante due coppie di centauri distinti per genere e datati nella prima meta del I secolo d. C52. In quest'ultimo gruppo il tema proposto e alquanto lontano dai temi sensibili della centaura mamma-moglie di Zeusi, poiché le sculture ripropongono un rovesciamento dei ruoli maschio-femmina sopprimendo del tutto il modello familiare tanto ammirato da Luciano53.
Della stessa epoca, realizzato per la cittá di Efeso si ha traccia nell'Artemision di un quadro di Megabyzos54, epiteto del grande sacerdote di Artemide e un Menelao piangente in atto di offrire una libazione per il fratello defunto, tanto mirabile che fu apprezzato dal re Alessandro, secondo la testimonianza pervenutaci55.
52 Cfr. De Caro 1987: 184-225.
53 Cfr. Simeone 2002: 2282-2283.
54 Aelian., Var. Hist, II, 2: DNO II, no. 1721.
55 Tzetz., Chil, 8, 388 ss: DNO II, no. 1743, 1745.
A partire dal 413 a. C. Zeusi accetto la preziosa commissione del re macedone Archelao, il quale chiese al pittore di occuparsi della decorazione del palazzo reale56. Si e avuto modo di vedere che Zeusinon era solito accettare tali specifici incarichi, preferendo una pittura personale e individuale dettata dal proprio genio artistico da immortalare su un quadro a cavalletto ottenuto con estrema calma e precisione. La vicenda, pero, acquista un sapore decisamente diverso, poiché dalle fonti conosciamo che la cifra offerta per la commissione fu elevatissima57 e il prestigio ricavatone altrettanto grande. Non si conoscono dettagliatamente i temi trattati nel ciclo pittorico ma non si escludono possibili derivazioni dall'antico mosaico di Pella, raffigurante il ratto di Elena58 (fig. 4). In tale occasione, secondo le testimonianze di Eliano59 e Plinio60, Zeusi regalo al re un Pan; la scelta di questo soggetto inaugura la predilezione per le divinitá che simboleggiano il piacere dei sensi, molto diffuse nel mondo macedone intorno al IV sec.
Fig. 4. Il mosaico del Ratto di Elena, da Pella, Macedonia (foto Museo). Proviene dalla stessa area geografica o probabilmente da Atene, il Marsyasreligatus che Plinio ricorda nel Tempio della Concordia61.
56 Cfr. Petsas 1964: 74 ss., fig. 18.
57 Zeusi ricevette 400 mine (Aelian., Var. Hist, XIV, 17).
58 Il mosaico IlRatto di Elena da parte di Teseo con il suo auriga Forba proveniente dall'omonima casa a Pella (325-300 a.C.) e considerate dalla maggior parte degli studiosi come probabilmente la copia in mosaico di un quadro di Zeusi che raffigurava questo soggetto. Cfr. Bandinelli, Paribeni 1976: 498 ss.; Moreno 1990: 703 ss.; Pappalardo, Ciardiello 2010: 100-101, con bibliografia precedente.
59Aelian., Var., hist, XIV. 77: DNO II, no. 1721.
60 Plin., Nat., hist, XXXV. 63: DNO II, no. 1744.
61 Plin. Nat. hist, XXXV. 66: DNO II, no. 1710, 1749.
Si è di fronte ad un altro tema di stampo mitologico, ripreso probabilmente da un'opera teatrale. Esistono alcune descrizioni dell'opera62 che sembrano ricondurre la mente agli echi della produ-zione dei rilievi neoattici
Un sarcofago in marmo lunense scolpito in rilievo datato nel 162 d. C. e conservato a Roma, Musei Capitolini, Palazzo dei Conservatori (fig. 5), riproducente la storia di Marsia sembra ben attenersi alle descrizioni del quadro di Zeusi. Il sarcofago basso e di forma allungata, scoperto nel 1935 in via della Garbatella, conserva integralmente un ciclo completo molto particolare rispetto agli altri conosciuti63. Sui tre lati decorati, vi si trova raffigurati sei momenti della vicenda. La narrazione sembrerebbe partire dal lato corto destro, dove troviamo la scena poco diffusa del ritrovamento dell'aulos da parte di Marsia: il sileno è colto mentre sta per raccogliere lo strumento da quello che sembrerebbe un lago o un corso d'acqua, reso attraverso delle linee oblique stilizzate; sullo sfondo a destra una donna osserva la scena; questa è stata identificata dalla critica tanto come una ninfa tanto come Minerva64. La narrazione continua poi con la scena raffigurata sul lato corto sinistro del sarcofago; questo episodio è difficilmente identificabile e non collocabile con certezza nella narrazione generale. Marsia, con in mano due flauti, si trova a fronteggiare Minerva che, seduta in trono, tende la sua mano destra verso di lui, quasi fino a toccarlo. Infine, nel pannello centrale si trova un fregio a narrazione continua in cui, grazie alla moltiplicazione della figura di Marsia, si possono distinguere quattro diversi episodi.
La prima scena da sinistra è quella della contesa musicale, con Apollo seduto che ascolta il suo avversario mentre suona l'aulos, accompagnando il tutto con dei passi di danza. Ai lati dei due protagonisti due figure femminili in piedi, una Musa che tiene in mano un rotolo alle spalle del dio, Minerva con elmo e lancia a fronteggiare Marsia. Proseguendo, quest'ultimo, con le mani legate dietro la schiena, viene spinto da uno Scita in abiti orientali davanti a Minerva, seduta in trono, in una composizione che ricorda molto, anche per il particolare del tendaggio, quella del lato breve del
62 Philostr., Im, 2.
63 L'episodio ispiró molti artisti tra cui Mirone, Prassitele, Ovidio, Tiziano e Dante; quest'ultimo in particolare lo ricorda nell'invocazione ad Apollo nel canto I del Paradiso (vv. 19-21).
64 Cfr. Carettoni 1937: 61-62; Rawson 1973: 174-175.
sarcofago a destra. A livello letterario non compare alcun riscontro rispetto a questa scena, giustificabile solo nel caso in cui si pensa che Marsia, raccogliendo l'aulos di Atena, abbia in qualche modo mancato di rispetto alla dea stessa, che trova quindi il modo di vendicarsi "sfruttando" l'offesa súbita da Apollo. In conclusione, la narrazione termina con il supplizio di Marsia, appeso a un albero, con il suo aguzzino, lo Scita, inginocchiato ai suoi piedi intento ad affilare la lama con cui lo scuoierà vivo65. Il rilievo ha palesemente subitodelle profonde modifiche rispetto al mito tradizionale che possono essere ricondotte al teatro euripideo, in particolare per lo spazio scenico riservato ad Atena. Considerando, dunque, che nella descrizione di Filostrato nel quadro di Zeusi compaiono oltre a Marsia anche Apollo, Sileno, Olympos, Nike, Scita, è probabile che l'opera rinvenuta a Roma possa ritenersi di ispirazione zeusiana. Altra opera citata da Plinio è un'Alcmena66 donata agli Agrigentini, che insieme al Pan viene enumerata tra i regali che l'autore fece della sua arte. Il regalo agli Agrigentini ricollega Zeusi alla Magna Grecia e l'occasione suggerisce un senso di "dovere" a cui sente di adempiere l'artista verso la sua probabile terra natale. L'opera potrebbe essere datata prima della distruzione di Agrigento, ossia nel 409 a. C. Molto probabile che l'Alcmena di cui parla l'autore sia da identificare in realtà con: «[...] l'Ercole infante che strozza due serpenti alla presenza della madre Alcmena impaurita e Anfi-trione»67 che secondo Plinio sarebbe da considerare «magnifico» insieme ad un Giove in trono circondato dagli dei, del quale peró non si hanno notizie68. I temi della produzione artistica di Zeusi erano ben conosciuti nel mondo latino69 e la descrizione pliniana dell'Alcmena è offerta dalla rielaborazione in due affreschi provenienti da Pompei e da Ercolano70.
65 Cfr. Bartoli 1953: 1-8.
66 Plin., Nat. hist., XXXV, 62: DNO II, no. 1728.
67 Plin., Nat. hist., XXXV, 63: DNO II, no. 1711, 1724, 1744.
68 Gli dei probabilmente undici ai lati di Zeus seduto, si inquadrano ipoteticamente nella fortuna delle ripetute ideazioni fidiache di accolte delle divinitá maggiori cfr. LIMC, s.v. Dodekátheoi, n. 4a-e. Per analogia con l'altro potrebbe trattarsi anche in questo caso di un quadro votivo regalato dall'artista.
69 Petron., Satyr., 83, 1: DNO II, no. 1765.
70 Cfr. LIMC, s.v. Alkmene, nn. 13-16.
Fig.5. Sarcofago marmo in rilievo, Museo dei Conservatori, Roma.
Nel dettaglio, si riporta di sotto l'immagine (fig. 6) del noto affresco pompeiano nella Casa dei Vetti, in IV stile. Si noti inoltre, nuovamente, per la scelta del tema artisticoZeusi riprende un episodio ben conosciuto nei contesti teatrali greci, in particolare nelle tragedie di Plauto, Molière e Kleist71. «[...] fece anche un Atleta di cui si compiacque a tal punto da scriverci sotto un verso famoso da allora e cioè: "lo si potrà più facilmente invidiare che imitare"»72.
71 Il mito tragico di Alcmena è presente anche in ceramica; si conosce un cratere apulo datato nel V sec. a. C. e conservato nel Museo Archeologico di Lipari, ove si scorge la figura della donna con Eros e Zeus.
72 Plin., Nat. hist, XXXV, 63, DNO II, no. 1711, 1724, 1744.
Fig. 6. Affresco Ercole che strozza i serpenti, Casa dei Vetti, Pompei.
Plinio riferisce di un'altra opera dell'artista, si tratta di un atleta. Quest'ultimo lascia pensare come nel caso dello scultore Policleto con il Doriforo, ad una figura che l'artista utilizzasse per i suoi studi sulla simmetria e la modularita73. L'opera non e stata rinvenuta e non si conoscono altre informazioni utili, l'aneddoto fornisce pero riflessioni interessanti circa le abilita del pittore e del suo ingegno.
La trattazione di Plinio continua con uno dei quadri piú famosi attribuiti al pittore antico, per il quale piú di altri il suo nome e rimasto indelebile nell'immaginario storico collettivo74, l'Elena di
73 Luc., Zeux, 3-8: DNO II, no. 1729, 1787.
74 Secondo le fonti l'immagine nuda di Elena fece scalpore ed inizialmente Zeusi incontró resistenza tra i contemporanei. In particolare Eliano riporta come addirittura venisse accusato di prostituire la sua arte perché faceva
Zeusi, realizzata probabilmente nel 410 a. C.75 L'autore latino scrive: «[...] dovendo fare un quadro per gli Agrigentini da dedicare pubblicamente nel tempio di Giunone Lacinia, volle prima esaminare le loro fanciulle nude, quindi ne scelse cinque come modelle affinché la pittura rendesse ció che c'era di piú bello in ciascuna di loro»76. Secondo Dionisio d'Alicarnasso l'episodio sarebbe, in realtá, avvenuto nel tempio di Hera al Capo Licinio dunque a Crotone77 e lo stesso Cicerone78 ricorda molte opere dell'autore proprio in quell'edi-ficio. E probabile che Plinio erroneamente assegni l'episodio ad Agrigento anche in riferimento agli argomenti da lui stesso trattati nei paragrafi precedenti. Sembra che l'Elena sia poi stata portata da Pirro in Ambracia e di qui, nel 189 a. C. sarebbe poi stata condotta a Roma79, dove Plinio la vide nel Portico di Filippo80, ad opera di Fulvio Nobiliore81 durante il saccheggio dell'Acarnania82. Nonostante la celebritá del capolavoro, la ricostruzione dell'Elena e pressoché impossibile. Tuttavia piú che per la storia del dipinto, interessa per il pensiero artistico posto alla base della composizione del quadro83. Zeusi, dunque, si avvalse di cinque modelle femminili, le piú belle fanciulle di Crotone secondo quanto tramandato84, per estrapolare da ognuna la bellezza ideale e ottemperare in questo modo alla ricerca della perfezione del corpo; un progetto d'insieme di cinque parti poiché il bello non si troverebbe mai compiutamente in un esempio contingente, ne deriverebbe la necessitá di avvalersi d'una pluralitá
pagare per ammirare il ritratto di Elena nuda: Aelian (Var. Hist. 4.12). Cfr. Sutton 2009: 275-276.
75 Cfr. De Angelis 2005: 151-200. Si veda anche Charbonneauxet alii1969: 256; Pollitt 1972: 44-45; Pollitt 1990: 150-153.
76 Plin. Nat., hist, XXXV, 64: DNO II, no. 1712, 1736, 1748, 1788.
77 Dion Hal., Depriscis script. cens. V, 417: DNO II, no. 1734.
78 Cic., De Invent, II, I, I-III: DNO II, no. 1759.
79 Liv., lib., XXXVIII, 9, 13. Cfr. Starace 1984: 204.
80 Plin., Nat., hist, XXXV, 66: DNO II, no. 1727, 1737, 1749.
81 Sulla figura e le conquiste di M. Fulvio Nobiliore cfr. Liv., lib., XXXVIII, 9, 13, XXXIX, 4-5; Pietilia-Castren 1987: 95, Rutdledge 2012: 38.
82 Pol., lib, XXI, 26-30; Liv., lib., XXXVIII, 9, 13; XXXIX, 4-5. M. Fulvio Nobiliore, durante la guerra contro la Lega Etolica, conquistó nel 189 a.C la cittá di Ambracia portando con sé in trionfo a Roma numerosi capolavori artistici, lasciando in loco solo le terracotte di Zeusi, scartate per il materiale povero con cui erano state eseguite.
83 Cfr. Sutton 1997: 360; Sutton 2009: 274-276.
84 Plin., Nat. hist, XXXV, 64: DNO II, no. 1712, 1736, 1748; Cic., De Invent., II, I.I: DNO II, no. 1759; Dion Hal., De Imit, 6.31: DNO II, no. 1734.
di modelli per selezionare da ognuno il meglio e riprodurre l'ideale di bellezza85. Quest'ultimo, sarebbe stato in questo modo tratto dalla realtá e infine portato a completamente dal sapiente ingegno dell'artista. L'aneddoto ha fatto si che nel tempo Zeusi venisse considerato a volte maestro di mimesis, altre volte eccellente pittore capace di oltrepassare le barriere della realtá per dipingere secondo un'idea innata in modo conforme alla teoria platonica86.
Si riportano di seguito le parole di L. B. Alberti che in epoca rinascimentale riprende l'esperimento zeusiano; la citazione vuole servire per far percepire quanto lo schema da lui adottato abbia rivoluzionato totalmente tutta la cultura artistica successiva: «Fugge gl'ingegni non periti quella idea della bellezza, quale i bene essercitatissimi appena discernono. Zeusis, prestantissimo e fra gli altri essercitatissimo pittore, per fare una tavola quale pose nel tempio di Licinia appresso de' Crotoniani, non fidandosi pazza-mente, quanto oggi ciascuno pittore, del suo ingegno, ma perché pensava non potere in un solo corpo trovare quante bellezze egli ricercava, perché dalla natura non erano ad un solo date, pertanto di tutta la gioventú di quella terra elesse cinque fanciulle le piú belle, per torre da queste qualunque bellezza lodata in una femmina»87.
Prima di esporre altre due testimonianze divenute leggendarie sulla figura di Zeusi, Plinio informa i lettori che il pittore fu autore di monocromi in bianco, gli stessi che Quintiliano descrive in quadri con raffigurazioni ottenute con il rosso su un fondo bianco88. La tecnica produce plasticitá delle immagini ben inserite nello spazio e giochi chiaroscurali; i quadri se davvero attribuibili a Zeusi, rappresenterebbero quest'ultimo come il pioniere dello stile fiorito89. Esso e detto anche ricco o miniaturistico, tipico di una serie di vasi attici degli ultimi decenni del V sec. a. C. La decorazione della
85 Zeusi inaugura l'uso di avvalersi di modelle per le realizzazioni di nudi femminili cfr. Sutton 2009: 274-276. Tale metodologia fu ripresa poi da autori posteriori come Prassitele (sullo stile e le opere di Prassitele cfr. Corso 1988; 1990; 1992; 1996; 2004; 2007; 2010; 2013, 2014) e Apelle (cfr. Giuliano 1987: 1061-1064; Moreno 1987)
6 Secondo Charles Batteux l'arte e il frutto non di un'imitazione pedissequa ma di una selezione della natura, secondo l'antico monito di Zeusi cfr. Batteux 2002.
87 Alberti 1453: 96.
88 Quint. XI. 3. 46: DNO II, no. 1753.
89 Molti rivedono nella monocroma di Alessandro da Ercolano un esempio attinente al tipo zeusiano.
maggior parte di questi vasi, circa sessanta, è dovuta alla mano di un ceramografo che lavorô per la bottega di Meidias. Sono illustrati miti attici, scene di gineceo e altro tutti interpretati con gusto idillico e fiabesco su un fondo movimentato da rocce, nuvole, arboscelli, tralci floreali che completano la decorazione90.
Infine, è ancora Plinio a dare voce all'attività artistica di Zeusi parlando di altre due vicende, poc'anzi accennate, divenute ben note, come nel caso dell'Elena. Nella prima storia si vedono protagonisti Zeusi e Parrasio, che, come si è avuto modo di vedere, vengono da sempre considerati due rivali, forse per il loro modo di concepire diversamente l'arte91. «[...] Si racconta che Parrasio venne a gara con Zeusi; mentre questi presentó dell'uva dipinta cosi bene che gli uccelli si misero a svolazzare sul quadro, quello espose una tenda dipinta con tanto verismo che Zeusi, pieno di orgoglio per il giudizio degli uccelli, chiese che, tolta la tenda, fosse finalmente mostrato il quadro; dopo essersi accorto dell'errore, gli concesse la vittoria con nobile modestia: se egli aveva ingannato gli uccelli, Parrasio aveva ingannato lui stesso, un pittore»92. L'aneddoto mette in risalto le qualità dei due artisti: Zeusi padroneggiava la tecnica dei colori, del chiaroscuro e del realismo, Parrasio la realizzazione delle linee, dei contorni per la piena resa dei volumi e della profondità93. Plinio, dunque, riconosce nel pittore maestria nell'arte della mimesis, cosa ribadita anche nell'altro racconto da lui stesso riportato. In quest'ultimo, oltre le cose appena dette, si evince una maggiore abilità del pittore nel dipingere oggetti piuttosto che la resa realistica dei corpi: «Ho dipinto l'uva meglio del fanciullo, perché, se avessi fatto bene anche lui, gli uccelli avrebbero dovuto
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averne paura» .
Da ultimo si conosce l'esistenza di opere in terracotta attribuite a Zeusi. La produzione fittile era forse un esito del significativo
90 Cfr. Ducati 1909: 95-173. Riguardo le rappresentazioni vascolari del pittore Meidias cfr. Burn 1987: 15-71, in particolare per i vasi esistenti attribuiti a lui cfr. Burn 1987: 97-120.
91 Zeusi prediligeva essenzialmente il colore, Parrasio il disegno cfr. Moreno 1987: 85-94.
92 Plin. Nat., hist. XXXV, 65: DNO II, no. 1712, 1736.
93 Cfr. Pollitt 2014: 289-290.
94 Plin. Nat. hist. XXXV, 66: DNO II, 11727, 1737, 1749; Secondo Seneca Retore l'autore poi avrebbe invece eliminato l'uva e mantenuto il corpo del giovane pensando di esaltare il bello fantastico piuttosto che il bello realistico Sen., Contro., X. 34, 27: DNO II, 1717.
interesse del pittore per la plasticitá e i volumi resi anche in pittura. Alcune opere di Zeusi, secondo molte testimonianze, erano presenti in Ambracia, le stesse non essendo di materiale pregiato non vennero trafogate da Fulvio Nobiliore che preferí invece preoccuparsi di bronzi e marmi95.
Dalla disquisizione fatta attraverso gli occhi di Plinio e di molti altri autori antichi e moderni, si e potuto notare che il nome di Zeusi riecheggia ogni qualvolta si apra una querelle sull'arte antica. E chiaro che l'esistenza del pittore e un dato certo, meno in che modo questi abbia realmente vissuto e concepito il suo lavoro artistico andato perduto. Sta di fatto, che la figura di quest'uomo rappresenta una chiave di volta importantissima nella ricerca della pittura greca, che ha condizionato, ispirato e posto le basi per svariate forme artistiche successive.
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Lucianus Samosatensis: Imagines, Timone, Zeuxis — Luc., Im., 3; Timon., 54; Zeux, 3-8.
Gaius Petronius Arbiter: Satyricon — Petron., Satyr., 83, 1.
L. Flavius Philostratus: Imagines — Philostr., Im., 2.
Plato: Georgias, Protagora, Symposium — Plato., Georg 453c; Plato., Prot., 318 b. c.; Plato., Symp, IV. 2, 66. 5d.
C. Plinius Secundus: Naturalis historia — Plin., Nat. hist. XXXV, 61-66. Polybius — Pol., XXI, 30; XXII. 13. 9.
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